Stiamo soltanto   buttando via tempo

Ogni giorno una dichiarazione non mantenuta. Oggi è il turno della riforma del lavoro, che ovviamente non si farà. Renzi, colui che ne sa meno di tutti di lavoro, dipendente come autonomo, rivoluzionerà la disciplina del lavoro. Non prima però della giustizia, della pubblica amministrazione, della scuola, delle pensioni, di tutto, e chi più ne ha più ne metta. Allevato da un padre che in trent’anni di società fraudolentemente fallite ha dato lavoro a tempo indeterminato solo al figlio cioè a Matteo Renzi, adesso, in Italia, udite udite, la riforma, anzi tutte le riforme, le farà colui che si è procurato la pensione dello Stato italiano con il trucco atto a lucrare sugli italiani che lavorano.

Renzi straparla, fa selfie, mette la camicetta, è troppo felice che le cose gli vadano economicamente così bene a nostro danno, ma i soldi alle imprese non ci sono, e oltre alle chiacchiere, ci sono solo l’ulteriore aumento delle tasse già predisposte dal governo Monti (dunque anche lì non sta facendo niente) e le assunzioni a iosa nel pubblico impiego, da pagare sempre noi, insieme al carico di Renzi e compagni al governo, anche loro da pagare da parte degli italiani.

La riforma del lavoro di Renzi &C. (altro che Thatcher, magari), prevede sussidi di disoccupazione per tutti (mille euro senza che si faccia niente), di cui peraltro non ci sono le coperture che, in base al nuovo testo dell’articolo 81 della Costituzione, con il pareggio di bilancio, devono esserci, pena l’incostituzionalità di qualsivoglia delega. Che vuol dire che in ogni momento, qualsiasi cosa Renzi tiri fuori, sarà nulla. Trenta miliardi di “protezione sociale” estesa a tutti i senza lavoro (povera Margaret Thatcher, povera) con una base di mille euro al mese netti. E chi lavora più! Altro che merito, tutti a mille euro!

Il governo peraltro non è in grado di presentare relazioni tecniche, ma parole a vanvera e slide. Il che non è un caso perché verrebbe fuori che mancano le voci relative ai finanziamenti, che non ci sono, né il governo indica dove prenderli, i finanziamenti che non esistono. In compenso Renzi parla, parla e dice di allargare la protezione a dismisura con un fondo “disoccupazione per chi non ce l’ha” di altri denari statali, sempre che non ci sono, e di cui non indica alcunché (perché alcunché esiste).

Quindi, in sostanza, la verbosa riforma che non verrà alla luce prevede, mediante slides, che disoccupazione e cassa integrazione restino le stesse di ora e si aggiungano altri miliardi nostri, derivanti dalle tasse nostre, per dare sussidi a chi non ce li ha, con una corposa “mancia” governativa di cui il governo non dispone, con soldi che non ci sono. La riforma del lavoro di Renzi insomma non riforma nulla del sistema, ma lo peggiora. Nel decreto legge Sblocca Italia (che non sblocca alcunché) sono stati oltretutto già inseriti ottocento nostri milioni di rifinanziamento di cig in deroga e di protezione degli esodati per la cui copertura sono state tolte risorse ai fondi che proteggevano i giovani disoccupati per indirizzarle sui lavoratori più anziani.

Non è cambiato niente cioè, salvo peggiorare la situazione complessiva. Continuiamo così, perdiamo tempo. Ora, in altri Paesi, uno come Renzi lo si sarebbe relegato in una disco balera toscana a fare il danceur accompagnatore di stagionate rintronate tipo Stefania Giannini, in Italia invece quel gran genio delle violazioni costituzionali e delle strategie fallite di Giorgio Napolitano ce lo ha rifilato, con amici conoscenti e parenti, al governo. Bella roba. La riforma del lavoro non vedrà mai la luce, non entrerà mai in vigore, come tutte le altre. L’Italia, con Renzi, sta perdendo tempo.

E la situazione peggiora sempre più. Si sbaglia direzione e politica. Che sarebbe quella di investimenti e stimolo alla domanda. Serve solo a lui, a Renzi, per illudere i fessi, per cercare di resistere a vita sul groppone degli stessi, gli italiani. I tentativi fallimentari di Napolitano (Renzi è il numero tre, dopo Monti e Letta) hanno una fine, o si va ad libitum, usque ad fundum, cioè sino alla fine, giù allo sfracello?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:20