La finanza creativa   di Juncker per l’Europa

Tutto si gioca di sponda con i privati, i soldi “veri” comunitari sono solo 13 miliardi. Gli Stati non partecipano, per ora, e tranquilli, l'Italia non ha ancora neanche esaminato l'ipotesi di partecipare direttamente. Perchè il nuovo Fondo europeo per gli investimenti di Junker “non si sa come funzionerà” e “non è chiaro come saranno computati gli investimenti nazionali”, ha ammesso Pier Carlo Padoan. Il piano Juncker approvato dalla Commissione europea è un piano di investimenti da ipotetici 315 miliardi che vorrebbe rappresentare “una svolta nella gestione della politica economica e nella capacità dell'Europa di tornare a produrre crescita e lavoro”.

Si prevede cioè la mobilitazione di poche risorse pubbliche per rilanciare gli investimenti privati, immaginando di ripristinare la “fiducia”. La ricetta immaginata per fare tornare l'Europa alla crescita cioè sarebbe, secondo l’attuale nostro ministro dell'economia, quella “di fare fronte al fallimento del mercato con un'azione pubblica”, mentre è evidente che ,nella realtà si sostanzia nel fatto che di fronte al fallimento pubblico, si spera di fare moltiplicare i pochi soldi comuni pubblici a disposizione, confidando in moltiplicatori e leve dati grazie a strumenti e con mezzi privati. Tecnicamente il piano Juncker consiste in soli 21 miliardi di euro di risorse comunitarie da fare fruttare fino a 315 miliardi con un effetto leva moltiplicatore complessivo di 15 volte, e lo vogliamo vedere. Non c'è alcuna certezza, purtroppo.

Il Piano si fonda sulla creazione di un nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici – Efsi – pilotato ma staccato dalla Banca europea per gli investimenti - Bei - al fine di non travolgerla e dotato di 21 miliardi. Nei fatti la Commissione verserà 8 miliardi presi dal bilancio europeo e dalla voce Infrastrutture e ricerca e con questi garantirà l’erogazione successiva di altri 8, per un totale di 16 miliardi. La Bei ne metterà 5 e si arriva così a 21, cifra che rappresenterà il capitale del fondo Efsi. 
Il “tesoro” così composto servirà da garanzia e da pronto intervento per circa 240 miliardi di auspicati investimenti a lungo termine e 65 per azioni a sostegno delle piccole e medie imprese. Si conterebbe cioè su un enorme effetto moltiplicatore, in cui la stima definita “prudente” considera che ogni euro pubblico messo a contatto col mercato diventi 15 euro da immettere nell’economia. Con la tutela dell’Efsi, la Banca europea per gli investimenti potrà emettere bond per raccogliere sino a 60 miliardi e partecipare ai progetti selezionati in misura del 20 per cento , il resto sarà privato.

Sono arrivati 1800 progetti per 1100 miliardi di cui verranno selezionati alcuni, con quali criteri non si sa, si è detto solo che ciò avverrà senza quote nazionali, e per la metà del 2015. La scelta dei progetti sarà affidata a "esperti" con lo scopo finale, si è detto, di "drenare denaro verso i paesi che più hanno sofferto per la crisi. Il vicepresidente della Commissione, Jyrki Katainen, pare voglia andare nelle capitali a invitarle a contribuire, non tanto per interesse ma per dare un segnale di fiducia. Il Piano dice testualmente che la Commissione osserverà “favorevolmente” chi investisse pur avendo problemi di contabilità. In pratica è come quando la professoressa che ti vuole rimandare a settembre ti dice di seguire un corso che tiene di pomeriggio lei. Aiuta. Con il piano si vorrebbero cioè mobilitare investimenti senza produrre nuovo debito pubblico, sostenere progetti in aree ritenute chiave quali infrastrutture, ricerca e innovazione, e rimuovere le barriere non finanziarie agli investimenti. Si tratta di un'operazione finanziaria in cui l'Unione europea con il nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici si fa carico dei progetti più rischiosi.

Il fondo si fa carico della garanzia sotto forma di debito subordinato, vale a dire l'insieme dei finanziamenti il cui rimborso e la cui remunerazione sono postergati rispetto ai debiti senior, saldati subito. Questo, secondo la Commissione, dovrebbe indurre i privati a partecipare all'investimento, le tranches di senior debito senior del progetto di finanziamento. Nella pratica la logica dietro l'operazione è tale e quale quella che muove i project bonds, le emissioni obbligazionarie emesse dalla Banca europea per gli investimenti e Commissione come strumento di finanziamento. I project bonds rappresentano un modello di intervento congiunto basato non su un’unica garanzia ma sulle tranches: il prestito è suddiviso in più tranches con diversi gradi di rischio e la Banca europea per gli investimenti si fa carico della parte più rischiosa. Il meccanismo alla base del piano rispecchia lo stesso funzionamento alla base dei project bonds. E’ un’operazione finanziaria che in quanto tale ha margini di rischio, un gioco di ingegneria finanziaria, non la svolta anticrisi né un nuovo modo di pensare l’Europa. Gli Stati europei non hanno soldi, la Commissione non ne ha, e il piano “da 315 miliardi” ne tira fuori 13 e incrocia le dita sugli investimenti dei privati.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:20