Efficienza energetica:  occasione di sviluppo

La recente vicenda, legata all’approvazione del maxi emendamento alla legge di Stabilità, ha riportato in evidenza il delicato rapporto che regola le dinamiche della spesa pubblica e il ritorno atteso a livello sociale, territoriale e occupazionale. La crescente influenza (controllo) che l’Europa esercita sui bilanci nazionali, ingabbiandoli nelle regole dei tetti del Fiscal compact, ha determinato la fine dei tempi in cui le leggi finanziarie erano veri e propri mercati di scambio elettorale e del consenso.

Il ruolo della politica, nonostante la crescente influenza europea, è però rimasto tale e quale a prima, e dovrebbe essere quello di disporre strumenti legislativi atti ad ottenere il massimo, pur con il minimo delle risorse che le rimangono in disponibilità (leggi il 3% di deficit annuo).

A maggior ragione per un Paese come l’Italia che, con il suo debito pubblico di elefantiaca dimensione e la tendenza purtroppo ad aumentarlo più che a diminuirlo, sembra non riuscire a ricercare condizioni favorevoli alla ripresa economica ed occupazionale. Eppure a nostro avviso all’Italia non manca nulla, e non sarebbe seconda a nessun altro Stato membro, in termini di capacità industriale, competenze tecniche e soprattutto reti d’impresa; per cogliere già nel 2015 (e non nel 2017-2018) i prodromi della ripresa internazionale, anche favorita dal calo delle quotazioni dei prodotti energetici di origine petrolifera.

In Italia esistono poche fonti di energia e occorre importare circa due terzi del fabbisogno, soprattutto in prodotti petroliferi e gas naturale, spesso da nazioni oggetto di forti tensioni geopolitiche. Il vero giacimento energetico del nostro Paese può però essere rappresentato dall’enorme opportunità offerta dalla riqualificazione energetica del patrimonio edilizio costruito.

Il tessuto edilizio delle nostre città, brucia ogni anno circa 30MTEP, di cui 9 nel solo settore terziario e commerciale, e questo nonostante una buona porzione del patrimonio edificato risieda in regioni mediterranee, o in zone climatiche miti. Oltre la metà delle unità abitative è concentrata in costruzioni uni o bi-famigliari, non proprio la tipologia edilizia più efficiente dal punto di vista del consumo di suolo e di energia. Non solo, oltre il 70% del patrimonio risale a più di quarant’anni fa, mentre il 40% è addirittura costruito tra le due guerre. Oggi dopo anni di crisi, il livello di permessi a costruire, è addirittura sceso ai livelli del 1936, che essendo un anno pre bellico, non brillava certo per attività.

Vi sono però spunti positivi da analizzare. Con l’introduzione delle detrazioni fiscali, nel 2007 per gli interventi di riqualificazione energetica, si è potuto dimostrare che esiste da parte dei privati, un bisogno e una domanda di qualità per la casa, bisogno che ha portato i soggetti privati (famiglie e singoli proprietari) ad accedere alle detrazioni investendo nelle proprie abitazioni per migliorarne le prestazioni energetiche.

Con una media di 300mila domande e circa 20miliardi all’anno di investimenti per: sostituire infissi e caldaie, impianti a pompe di calore, installare pannelli solari, aumentare la coibentazione con materiali più isolanti; è giocoforza naturale esprimere un giudizio più che positivo alle misure dell’Ecobonus. Infatti gli investimenti legati all’Ecobonus hanno almeno attenuato, pur se non hanno impedito, l’impatto negativo della crisi economica e della recessione che ha avuto, nel solo settore delle costruzioni, effetti talmente nefasti da determinare la perdita di oltre 700mila occupati e il dimezzamento delle imprese attive nell’indotto.

Per tale ragione va quindi necessariamente la nostra attenzione al futuro dell’Ecobonus che pare destinato a venire sostituito da altre misure, già a fine 2015. In questi casi, l’incertezza che si genera non aiuta le aziende che, come logico, per investire in personale e attrezzature onde far fronte alla accresciuta domanda di beni e servizi legati alla riqualificazione energetica, ha bisogno di poter contare su un arco temporale pluriennale.

In questo senso, se l’intenzione del ministero dello Sviluppo Economico è quella di un radicale ripensamento all’impianto originario, poi via via rinnovato di anno in anno sino ad oggi, possiamo però suggerire di creare un sistema stabile di detrazioni, con aliquote crescenti e, magari, con aliquota maggiore riservata per gli interventi plurimi realizzati sulla piena unità immobiliare. Un’altra e magari anche con una premialità maggiore per la rapidità, ovvero per quegli interventi realizzati all’inizio dell’arco temporale. In questo, si favorirebbero gli investimenti premiandone la rapidità in modo da massimizzarne sia il ritorno in termini di crescita economica che di occupazione stabile e, soprattutto si favorirebbe “l’aggancio” alla “ripresa” creando un vero effetto volano capace di aumentare il valore aggiunto delle misure di politica economica già dal 2015.

 

(*) Vicepresidente vicario Finco con delega sostenibilità, energia e ambiente

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:27