Bps: annullato il commissariamento

mercoledì 4 marzo 2015


Con sentenza numero 966/2015, la sesta sezione del Consiglio di Stato ha accolto i ricorsi rispettivamente presentati da alcuni ex consiglieri della Bps e della Spoleto Crediti e Servizi Società cooperativa avverso i decreti di scioglimento dei relativi organi di amministrazione adottati dal Ministero dell’Economia - su proposta della Banca d’Italia - per sottoporli a procedura di amministrazione straordinaria al termine della quale i commissari hanno ceduto quell’istituto di credito a Banco Desio.

La pubblicazione di quella sentenza crea numerosi problemi, primo fra tutti quello delle conseguenze che tale annullamento potrà produrre in concreto. Abbiamo così chiesto al professor Federico Tedeschini, che ha vittoriosamente assistito i ricorrenti, di descriverci quelli che - a suo avviso - sono i possibili scenari che vengono ora ad aprirsi.

Dica la verità professore, si aspettava di vincere queste cause dopo che il Tar Lazio aveva respinto i suoi ricorsi con una sentenza durissima verso gli argomenti da lei addotti, condannando addirittura alle spese i ricorrenti?

Sinceramente sì, altrimenti non avrei mai suggerito di presentare appello avverso le decisioni assunte in primo grado; né ho mai condiviso la tesi secondo cui le sentenze non si discutono, ma possono solamente essere impugnate. Quando ho letto quelle decisioni mi sono prestato volentieri a rispondere alle domande dei suoi colleghi che mi chiedevano di esprimere un’opinione sulle motivazioni utilizzate per sostenerle; né comprendo per quale ragione i giudici possano rilasciare interviste per difendere il loro operato, mentre gli avvocati dovrebbero semplicemente tacere; tutto sommato i principi costituzionali afferenti la libertà di espressione debbono potersi applicare anche agli operatori del diritto diversi dai giudici e questo mio punto di vista è stato più volte confermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Una posizione coraggiosa. Ma non teme che, per difenderla, qualcuno possa chiedergliene conto in sede disciplinare o giudiziaria? In questo caso, in particolare, stiamo parlando di società quotate per cui è proprio sicuro che le sue parole non possano influenzare l’andamento di qualche titolo in borsa?

Fortunatamente la legislazione a cui lei si riferisce non impone di tacere, né potrebbe legittimamente farlo, ma impone soltanto di evitare la diffusione di dichiarazioni “a mercati aperti”, ove finalizzate ad incidere sull’andamento del titolo: non mi pare questo il caso, visto che stiamo semplicemente parlando degli effetti di una sentenza, né sono solito investire i miei sempre più scarsi risparmi negli strumenti finanziari assoggettati a disciplina Consob.

Veniamo allora all’oggetto di questa nostra conversazione: che cosa cambierà, dopo la sentenza, per i ricorrenti, per il Ministero dell’Economia, per la Banca d’Italia e per il Banco Desio?

In linea teorica l’annullamento dei commissariamenti dovrebbe portare indietro le lancette dell’orologio al momento in cui sono state assunte le decisioni esplicitate nei provvedimenti annullati; dunque i ricorrenti dovrebbero immediatamente tornare al loro posto, gli atti dei commissari perdere efficacia perché viziati da invalidità derivata e l’acquisizione di Banca popolare di Spoleto da parte di Banco Desio dovrebbe inevitabilmente cadere perché conclusa attraverso quell’istituto giuridico che i civilisti definiscono come “acquisto a non domino”, cioè contratto concluso con un venditore privo del potere e della legittimazione negoziale per effettuare la relativa vendita.

In pratica, invece, che cosa potrà accadere?

Questo dipenderà dall’atteggiamento che assumeranno le altre parti in causa, cioè le controparti dei miei clienti; in particolare Bankitalia e ministero cui, già nel maggio 2013 indirizzai una diffida dal porre in essere atti applicativi dei decreti oggi annullati – ivi compresa l’alienazione della Bps a terzi - prima di conoscere l’esito dei ricorsi tempestivamente presentati ed oggi vittoriosamente conclusi. Quella diffida fu ignorata, ma oggi se ne dovranno pagare le conseguenze.

Cosa c’entra però Banco Desio, visto che non ha potuto neanche partecipare al contraddittorio, non essendo “parte” in senso tecnico di quei processi?

Deve entrarci invece, perché il rilevo mediatico della vicenda è stato, fin dall’inizio, tale per cui gli amministratori dell’istituto acquirente non potevano non sapere i rischi che correvano nel momento in cui decidevano di acquisire il pacchetto di controllo della banca e d’altronde può capitare che una sentenza resa per dirimere una controversia fra determinati soggetti - pubblici o privati che siano - possa avere conseguenze anche nei confronti di figure soggettive diverse da quelle che rivestivano determinati ruoli all’interno di una causa che - per le ragioni più diverse - le ha viste estranee al contraddittorio instaurato senza la loro partecipazione.

Esiste però sempre il rimedio dell’opposizione di terzo. Non crede che Banco Desio possa farvi ricorso?

Non essendo il loro avvocato - né potrei esserlo, per ovvie ragioni - non posso escludere che una simile iniziativa venga tentata; ma se lei prova a riflettere un attimo sulle motivazioni della sentenza - tutta imperniata su un difetto di istruttoria conclamato ed ormai non sanabile - vedrà che questa strada sembra obiettivamente impercorribile.

Lei ritiene dunque che tutto quanto accaduto dopo il commissariamento di Bps e cooperativa azionista di controllo di quella banca sia affetto da vizi non sanabili?

È esattamente quel che penso, perché la decisione del Consiglio di Stato ha sicuramente privato con efficacia ex tunc i commissari straordinari dei poteri rappresentativi della banca e ha perciò inficiato di invalidità derivata tutti gli atti medio tempore posti in essere da Questi ultimi, primo fra tutti quello della alienazione del pacchetto di controllo della banca a soggetto diverso dall’originario detentore.

Un bel problema, dunque!

Meglio sarebbe dire “una somma di bei problemi”, visto che bisognerà affrontare anche quelli relativi al risarcimento dei danni, morali e materiali, subiti dai miei clienti e quant’altro dovesse scaturire, o essere aggravato, dal tentativo di ignorare gli effetti della sentenza.

 


di Vladimiro Iuliano