Texas opportunities

Se per molti la conoscenza del Texas è rimasta alle puntate del telefilm “Dallas”, vale certo la pena di farci aiutare da chi lo conosce bene per scardinare questo luogo comune e raccontare un po’ questo Stato. Noi de “L’Opinione” ringraziamo per questa chiacchierata il presidente della Camera di Commercio Italiana a Houston, Brando Ballerini.

Brando, ci dici qualcosa dell’attività della Camera?

Io penso che le Camere di Commercio italiane all’estero siano le istituzioni con le quali più velocemente e meglio le aziende italiane possono accedere ai mercati esteri. Qui a Houston la Camera è stata da me modellata - sia come struttura che come attività - in funzione dei business che qui vanno per la maggiore: certamente il “Made in Italy” è molto importante, ma qui rispetto ad altre zone dobbiamo interfacciarci con grandi aziende che operano per esempio nel settore dei grandi appalti. Dunque diamo supporto tecnico, logistico, amministrativo e legislativo anche a grandi gruppi che hanno già una loro struttura ben attrezzata per l’estero. Abbiamo circa 150 associati. Per le imprese che lo necessitano, organizziamo business-to-business (b2b) tra imprese italiane e imprese texane. Abbiamo nel nostro territorio di riferimento anche Louisiana, Oklahoma e Arkansas.

Il Texas è lo Stato più in crescita per Pil, popolazione, business, innovazione. È la “nuova frontiera”?

Il Texas è al momento la realtà economica e di sviluppo migliore degli Stati Uniti: da solo sarebbe la dodicesima economia del mondo, e Houston da sola sarebbe probabilmente fra le prime venti. L’enorme aumento della popolazione qui è dovuto alla bassa tassazione, al basso costo dell’energia e al clima generalmente estremamente favorevole al business. C’è poca disoccupazione, con una rete protettiva statale per chi è fra un impiego e l’altro. Il mercato del lavoro è molto elastico e di conseguenza è facile trovare un lavoro se lo si perde. Ci sono aziende che chiudono a Los Angeles e a Miami e vengono ad aprire a Houston. Qui si ha un basso costo della manodopera, ma molto ben retribuito è il white collar, ovvero il quadro dirigenziale di responsabilità. Di queste figure professionali c’è molta fame oggi qui: è molto più facile per un certo tipo di professionista che si ottenga un visto sponsorizzati da un’azienda texana, piuttosto che di altre città americane più in crisi o con un mercato saturo. Inoltre, se negli Usa ci sono già condizioni fiscali, amministrative e burocratiche molto più vantaggiose rispetto all’Italia, in Texas è ancora meglio: si può dedicare il giusto tempo allo sviluppo della propria azienda senza doverne perdere in vincoli e ostacoli improduttivi, pubblici o privati. Creare un’azienda in terra texana è semplice ed economico. Per fare un esempio, il mio gruppo ha costruito uno stabilimento qui a Houston: dal momento in cui abbiamo preso la decisione al momento in cui abbiamo iniziato a lavorare nello stabilimento è passato appena un anno. Il Texas è grande quasi due volte e mezzo l’Italia, ma ci vive meno della metà della popolazione che vive nel nostro Paese. C’è spazio, ci sono case belle ed enormi a basso prezzo, c’è un clima meraviglioso: insomma si vive bene. Il sogno americano esiste ancora e il Texas ne è la dimostrazione più efficace.

Che spazio c’è per i prodotti “Made in Italy” in queste zone? Ci sono molti italoamericani che fanno da “Ambasciatori”?

C’è molto spazio. In Italia spesso si ha una immagine del texano sempre un po’ zoticone e isolato nel suo mondo. Ma qui a Houston in centro c’è una sfilata di automobili tra le più belle del mondo, moltissime italiane, in mano ad un ceto medio alto che è veramente ricco e apprezza il luxury da tutti i punti di vista. Tutti i settori del “Made in Italy” avrebbero sicuramente più mercato qui, anche perché la concorrenza è ancora molto bassa. Recentemente è venuto un gruppo di gioiellieri rimasti entusiasti dei b2b organizzati: qui ad esempio ci sono una serie di centri commerciali in cui gira una quantità enorme di oggetti italiani di lusso, ma per ora solo i grandissimi nomi. Anche nel settore food and beverage il mercato è molto meno affollato delle altre grandi città americane: ad esempio qui si vende tantissimo vino, e il prosecco ha un grandissimo successo. Gli italoamericani non sono tantissimi. A Houston siamo circa 1.500 e nell’intero territorio di nostra competenza arriviamo a 5mila, ma sono in posizioni alte e interessanti: dirigenti e professionisti nella sfera medicale, ricercatori, imprenditori, manager, professionisti nei settori dell’information technology e dell’estrazione petrolifera. Si sta sviluppando una buona attività nei settori della logistica e dello shipping, perché il porto di Houston è il secondo negli Usa, ma viaggia a tassi di crescita impressionanti e probabilmente è destinato a diventare il primo.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:27