TTIP, la posizione della Lidu Onlus

Da ormai quasi un anno la Lega Italiana dei Diritti dell’Uomo (Lidu Onlus) ha intrapreso una battaglia volta a far conoscere i contenuti del TTIP, il Partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti fra Stati Uniti e Unione europea ancora in fase di negoziazione.

Probabilmente la sigla TTIP non dirà nulla ai più, poiché vi è una carenza spaventosa di informazione su un accordo che, al contrario, coinvolgerà 820 milioni di abitanti europei ed americani ed avrà delle ricadute notevoli sulle nostre vite non solo da un punto di vista alimentare, ma anche sul piano dei diritti. Ma in cosa consiste questo trattato e, soprattutto, perché deve farci tanto preoccupare? Dopo aver scritto alle autorità istituzionali italiane e ai parlamentari europei per far conoscere le proprie perplessità sul trattato, nei giorni scorsi la Lidu Onlus ha preso parte ad una conferenza organizzata dalla Cgil regionale del Lazio in collaborazione con il Comitato “Stop Ttip Italia”, cui hanno partecipato, fra gli altri, Pietro Ruffolo del Segretariato Europa Flai nazionale, Tiziana Beghin europarlamentare del Movimento 5 Stelle e Adriano Zaccagnini, deputato di SI-Sel. Emblematico il titolo dell’incontro: “Dalla dieta mediterranea al pollo alla clorina” volto proprio ad evidenziare uno degli aspetti più problematici del trattato, ovvero quello della messa in discussione delle tutele alimentari vigenti su tutto il territorio dell’Unione europea.

Già, perché dietro all’obiettivo ufficiale del Trattato, ovvero quello di rimuovere gli inutili ostacoli al commercio e agli investimenti al fine di incrementare il benessere economico delle due aree e di prevalere nella competizione con i Paesi emergenti, in realtà si celano ben altri propositi. Tutto ciò lo si può dedurre dai dati ufficiali raccolti dal Flai-Cgil ed esposti durante la conferenza: uno studio del Cerp ha evidenziato come non solo i dazi doganali siano già relativamente bassi, essendo pari rispettivamente all’1,9% negli Stati Uniti per le merci provenienti dall’Ue e al 2,3 per cento in Europa per i prodotti americani, ma un simile accordo in condizioni ottimali determinerebbe un incremento del Pil solo pari allo 0,48% medio all’anno dal 2027. Inoltre, in un dossier del 2014 Parlamento europeo emerge come un simile accordo avvantaggerebbe soprattutto le imprese americane che vedrebbero incrementato la loro capacità di esportare di ben il 118 per cento.

Al contrario, se l’accordo dovesse essere approvato il mercato europeo dovrebbe aprirsi a prodotti che sono ben distanti dal rispettare gli standard di tutela attualmente previsti sul territorio comunitario, che sappiamo essere ben più severi di quelli statunitensi in materia di sicurezza alimentare e sul piano delle tutele previste per i lavoratori. Ecco che sulle nostre tavole potremmo trovare organismi geneticamente modificati, animali clonati, carne bovina trattata con ormoni della crescita che secondo numerosi studi sono fortemente cancerogeni e pollo alla clorina, una sostanza chimica utilizzata in Usa per ripulire il pollame. Un’armonizzazione delle due legislazioni riguarderebbe anche le tutele del lavoro, ben differenti anch’esse dal momento che gli Stati Uniti non rispettano gran parte del Convenzioni dell’Ilo (Organizzazione mondiale del lavoro), ivi comprese quelle che sanciscono il diritto di associazione sindacale ed il divieto di lavoro minorile.

Un’altra questione fondamentale che riguarda il nostro Paese da vicino nasce dalla clausola che recita: “L’accordo sarà vincolante per tutte le attività regolamentari attive oggi”. Ciò significa che tutto ciò che è suscettibile di mettere in discussione il TTIP dovrà essere abolito: a rischio anche il sistema della etichettatura, con la pesante conseguenza di cancellare la tutela dei prodotti tipici, quelli contrassegnati dal marchio Igp e Dop, che solo in Italia sono ben 274 ed il cui valore si aggira intorno al 17,6 milioni di euro per un totale di 72mila imprese agricole che rischiano di estinguersi. Secondo la Tufts University del Massachusetts, infatti, il Trattato comporterà la perdita di 600mila posti di lavoro in Europa di cui 90mila in Italia.

Qualcuno potrà obiettare che gli Stati dovranno ben difendere i propri cittadini da eventuali rischi. In realtà, non solo il trattato è negoziato in gran segretezza da tecnocrati, ma esso rischia di sottrarre quote ingenti di sovranità statale. Lo si evince dalla meccanismo arbitrale Isds (Risoluzione delle controversie tra investitore e Stato) che consente ad un impresa di citare in giudizio direttamente uno Stato di fronte ad una corte arbitrale commerciale, e di ottenere un risarcimento in caso sia rilevata una minaccia ai propri investimenti o interessi commerciali. È ora che le nostre imprese e i nostri cittadini comincino ad informarsi e ad alzare la voce ribellandosi ad un modello economico in cui le leggi vengono imposte dal mero profitto di pochi, altrimenti il rischio tutt’altro che remoto è di essere fra quelle 48 milioni di persone che ogni anno si ammalano negli Stati Uniti per cibo contaminato, di non avere più beni comuni e servizi pubblici e di essere costretti a rinunciare ai propri diritti se si vuole trovare un posto di lavoro.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:20