Moneta, dal bazooka  agli elicotteri

Il meraviglioso mago di Oz (“The Wizard of Oz”), scritto da Frank Baum e pubblicato nel 1900, potrebbe essere visto come un’allegoria della politica monetaria degli Stati Uniti alla fine dell’Ottocento. Tra il 1880 ed il 1896 vi fu una massiccia quanto imprevista deflazione, che causò un crollo drastico dei prezzi nell’economia americana (23 per cento circa). Poiché la maggior parte dei contadini dell’Ovest del Paese erano indebitati con le banche dell’Est, quando i prezzi diminuirono il valore reale dei debiti aumentò e le banche si arricchirono considerevolmente a spese dei contadini. Alcuni politici populisti, tra cui William Bryan, cominciarono a sostenere la libera coniazione dell’argento: gli Stati Uniti, in quel periodo, seguivano un regime di Gold standard ma Bryan non fu eletto e le sue proposte andarono in fumo.

La proposta era funzionale a creare moneta con un riferimento reale, l’argento, non la semplice stampa di carta che, di per sé, è solo sterile. La creazione del “Silver Dollar” fu ripresa da JFK nel luglio del 1963, quando emanò l’ordine esecutivo 11.110 il 4 giugno, funzionale a coniare monete in argento da parte del Tesoro pari alla quantità d’argento posseduta per mantenere il controvalore reale e sottrarsi in parte alla Fed; la sua morte ne impedì l’attuazione.

Ora siamo di fronte alla proposta dell’elicottero della “manna” monetaria come espresso dalla Bce. Il gergo è sempre militare, dal bazooka all’elicottero; la “manna monetaria” cartacea dovrebbe calare, simbolicamente, dal cielo, come quella biblica, sui cittadini, bypassando le banche, per consentire una ripresa dei consumi. Non manca di stupire la fantasia della cultura monetaria come unica soluzione ai problemi di una crisi sociale, culturale ed anche finanziaria (l’economia non si studia più ma solo la finanza). Le stanno provando tutte con la trappola mortale Quantitative easing che sta spingendo gli Usa verso il baratro con una massa monetaria incalcolabile incapace di generare ricchezza in mancanza di attività manifatturiere; gli Usa sembrano sempre più una bomba ad orologeria. La sola cultura monetaria non porta a nulla perché, avendo separato la moneta da un controvalore reale, non ha valore in sé perché anche se riproducibile all’infinito rimane carta.

Quando c’era la convertibilità in oro sulle singole monete di carta era impressa la scritta “pagabile a vista al portatore”, ora siamo nella disperata illusione di trasformare in oro la carta, spinti dalla sindrome di Re Mida. Dal settembre del 2008 tutto il trucco si è inesorabilmente svelato, tutte le pozioni monetarie proposte dai tanti “Cagliostro” della finanza sono fallite. Eppure non si demorde mai, perché gli interessi in gioco sono troppo alti. Lasciamo perdere l’elicottero monetario, più simile al cubo di Rubik per la complicatezza operativa e per la sua azione nociva, ma forse la lezione vera della storia dovremmo capirla per non sprofondare nel mondo di “Alice nel paese delle meraviglie” ad incontrare la (pazza) regina di cuori (la finanza); il cappellaio matto (la politica di oggi); il brucaliffo (i mass media); il tricheco che mangia le piccole ostriche (i mercati finanziari ed i piccoli risparmiatori).

È del tutto evidente che il modello socioculturale che ha generato la crisi non è intrinsecamente in grado di risolvere perché i suoi contenuti sono asimmetrici alla ricerca di soluzioni. Si potrebbe affermare che gli uomini che con la loro cultura ed i loro interessi hanno causato la crisi non hanno né la cultura né l’interesse a risolverla; eppure ogni singolo giorno stiamo a sentire le loro previsioni, le loro cure che inesorabilmente stanno uccidendo il sistema. Questo modello culturale va cambiato sia negli uomini che nelle soluzioni, tecnicamente si potrebbe dire va “resettato” e le responsabilità non possono essere lasciate senza un giudizio sia scientifico che umano, morale e sociale.

Le responsabilità dell’esercizio di una finanza senza limiti morali, scientifici e democratici ha assunto un ruolo che ha portato la società contro i diritti fondamentali dell’uomo, sui quali può crescere una società rispettosa della persona. L’esercizio di questo potere è stato fatto con una lucida determinazione finalizzata alla realizzazione di un disegno egemonico globale che ha consentito la separazione della politica dal potere che ora le è sovraordinato. I mercati finanziari e la finanza non sono entità autonome ed eteree, ma hanno nomi e cognomi, rappresentano istituzioni, lobbies, persone ed interessi che spesso vengono evocati dai media e sono da tutti conosciuti perché da tempo sono in grado di governare le variabili finanziarie ed hanno interessi comuni che travalicano quelli dei singoli Stati, tessere di un puzzle globale.

Sia ben chiaro che questa crisi non finirà mai, al di là delle tante promesse e chiacchiere di ogni giorno, se non si riporta la finanza infinita, egemonica e totalmente deregolamentata sotto un ordine rispettoso della manifattura e dell’economia reale. Ma finché non si aprirà la volontà di promuovere una globale “class action” nei loro confronti o comunque una decisa e comune azione di riportarla dentro regole precise e rispettate saremo sempre soggetti al velo dell’omertà fino a quando il vento della storia non squarcerà, come dice il Vangelo, il velo del Tempio. Ma forse, allora, sarà troppo tardi.

(*) Ordinario di Programmazione e Controllo - Università Bocconi

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:22