Il Paese e le banche non sono differenti

Segnalo ai tanti distratti economico-finanziari di questo Paese che da tempo è in atto in una grave turbolenza che riguarda il nostro intero sistema bancario. Quello stesso sistema bancario che, secondo uno slogan tanto caro a chiunque abbia o abbia avuto responsabilità di Governo, sarebbe il più solido d’Europa.

Ovviamente, osservando l’andamento storico dei corsi azionari relativi ai principali istituti di credito italiani è evidente che si tratta di una diceria. Una diceria che in quanto tale, parafrasando una battuta finale del magnifico film “I soliti sospetti”, il vento se la porta via. Nella fattispecie, a fare piazza pulita di questo ennesimo autoinganno collettivo, naturalmente entrato a pieno titolo nella trionfalistica narrativa renziana, ci stanno pensando da tempo i mercati cinici e bari i quali, com’è noto, nei tempi lunghi tendono ad allineare il valore dei titoli all’andamento reale di una qualunque azienda quotata. A questo proposito mi sembra molto istruttivo citare un recente articolo del Wall Street Journal, ripreso da La Stampa, in merito al trend degli ultimi dieci anni di Unicredit, colosso bancario italiano coinvolto in questi ultimi giorni nella fallimentare operazione Atlante (maldestro tentativo sponsorizzato dal Governo Renzi di mettere una toppa con scarse risorse al tracollo di alcune banche locali, tra cui la quasi collassata Popolare di Vicenza, risanando nel contempo a colpi di bruscolini le colossali sofferenze che gravano sull’intero comparto).

Ebbene, come riporta l’autorevole giornale economico statunitense, nell’arco di nove anni il titolo Unicredit ha perso circa il novanta per cento del proprio valore, con una costante discesa degli utili, passando dal picco di 6,6 miliardi del 2007 al modesto 1,69 miliardi dello scorso anno. Ma non basta. Sempre nel 2015 i crediti inesigibili hanno raggiunto la stratosferica cifra di 80 miliardi (altre fonti riducono ad “appena” 60 miliardi le sofferenze della medesima banca). Comunque sia, di questo passo, soprattutto osservando gli ulteriori, catastrofici cali del titolo registrati negli ultimi giorni a Piazza Affari, c’è il rischio che nel futuro prossimo le azioni Unicredit vengano date in omaggio con Topolino. Battute a parte, mi sembra evidente che i numeri impietosi messi in evidenza dal WSJ rilevano quanto grave e profonda sia la crisi sistemica di un Paese che, malgrado una celebre pubblicità in voga alcuni anni orsono, non è differente né sul piano politico generale né su quello del settore creditizio.

D’altro canto, dopo decenni di forsennata redistribuzione e di dissennata conduzione delle finanze pubbliche, le banche nel complesso non possono che riflettere l’andazzo complessivo di una democrazia di Pulcinella che si ostina a voler vivere ben oltre i propri mezzi. In estrema sintesi le medesime banche, sovradimensionate sul piano dei dipendenti, in gran parte sottocapitalizzate e piene zeppe di titoli del nostro mastodontico debito pubblico, non sembrano discostarsi affatto dal resto del panorama nazionale. Se poi a tutto ciò aggiungiamo il combinato disposto di una devastante crisi economica e di un uso a dir poco discrezionale dei fondi gestiti da alcuni istituti di credito, Monte dei Paschi di Siena docet, dobbiamo assolutamente convenire, ahinoi, che pure le nostre banche non siano assolutamente differenti. Altro che chiacchiere.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:18