Il Paese dei debiti

In attesa che il Governo trovi un accordo con l’Europa per un salvataggio delle banche italiane che rassicuri gli investitori, interrompendo la fuga in atto dai titoli del relativo comparto, la politica italiota nel suo insieme sembra incapace di avanzare una proposta credibile per affrontare la vera questione che sta a monte di un dissesto sistemico che rischia di seppellirci sotto una montagna chiamata insolvenza.

In due parole possiamo definire tutto ciò come l’ostinata persistenza di un sistema democratico che si compra il consenso attraverso dosi massicce di spesa pubblica, di tasse e di indebitamento dello Stato, generando costi proibitivi per il mondo delle imprese i quali finiscono per ingrossare il fiume carsico delle sofferenze bancarie. Ed è per questo motivo che, preso atto della linea keynesiana in salsa fiorentina adottata sin da subito dall’attuale Presidente del Consiglio, i pochi veri liberali di questo disgraziato Paese espressero e continuano ad esprimere enormi perplessità sulle politiche economiche del Governo Renzi.

Occorreva ed occorre in modo sempre più stringente ridurre il perimetro di uno Stato disfunzionale che spende e tassa oltre ogni misura accettabile, e che agisce come un vero e proprio buco nero in cui le migliori risorse del Paese vengono inesorabilmente risucchiate. Ma su questo piano dobbiamo registrare la completa sordità dell’intera offerta politica presente sul territorio nazionale, con le più rilevanti forze dell’opposizione, Movimento 5 Stelle in testa, che contendono la guida del Paese a Matteo Renzi sulla base di ricette ancor più spendaccione, per così dire, rispetto a quelle che hanno spinto lo stesso Premier a raschiare il fondo del barile dello Stato assistenziale. Basti pensare che in testa ai programmi della stessa opposizione c’è tutta una serie di surreali promesse redistributive, tra cui surreali redditi di cittadinanza e inverosimili aumenti della più alta spesa previdenziale del mondo avanzato, che vanno esattamente nella direzione opposta a quella che l’amara realtà dei numeri ci imporrebbe di percorrere.

Per salvare il sistema dai rischi sempre più vicini di un fallimento non basta semplicemente prendere i voti promettendo futuri Bengodi. Senza un blocco politico che fondi la sua ragione sociale sul senso della responsabilità collettiva, descrivendo ad un Paese confuso la vera natura dei nostri problemi, l’Italia è destinata ad un rapido ed inesorabile declino.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 18:30