La spending review al contrario

Come da me segnalato su queste pagine, si va delineando la “manovrina” elettoralistica del Governo Renzi per acchiappare consensi in vista del referendum costituzionale previsto per il prossimo autunno. Essa, per ovvie ragioni legate ai grandi numeri, è molto concentrata nel settore previdenziale la cui spesa, è bene sempre ricordarlo, non ha paragoni nel mondo avanzato. Basti pensare che il bilancio complessivo dell’Inps supera i 400 miliardi di euro e che le uscite pensionistiche vere e proprie ammontano ad oltre il 17 per cento del Prodotto interno lordo contro, tanto per fare un esempio significativo, il circa 9,5 per cento della ricca e produttiva Germania. Tanto è vero che, nell’imminenza di un incontro con i sindacati, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha elaborato un pacchetto di misure tutte orientate ad aumentare la spesa pubblica corrente, ovviamente in totale contrasto rispetto ai proclami del premier e del suo ministro dell’Economia, i quali continuano a sbandierare immaginarie spending review di decine di miliardi.

In realtà, come si suol dire, dato che la pecunia degli altri non olet, dopo aver minato i conti pubblici con tutta una serie di spese pazze che non hanno affatto rilanciato i consumi, il Governo Renzi si appresta a varare ulteriori misure in favore della vastissima platea elettorale dei pensionati. Tra i vari escamotage predisposti per sabotare ancora una volta il bilancio pubblico, oltre all’oramai conosciuto Ape, l’anticipo pensionistico per i cosiddetti over 63, si parla di mandare a riposo prima del tempo chiunque abbia versato contributi sotto i 18 anni di età. Inoltre, si vorrebbe estendere la chimerica quattordicesima, dapprima prevista per gli assegni al minimo, fino a chi percepisce 1.250 euro di pensione. Infine, per non farsi mancare nulla, in merito ai lavori usuranti, l’Esecutivo dei miracoli starebbe predisponendo tutta una serie di interventi mirati per estendere il più possibile i benefici delle norme vigenti.

A conti fatti sono in ballo un bel mucchietto di miliardi da reperire tra le pieghe di un bilancio pubblico già stiracchiato oltre l’inverosimile e sotto la spada di Damocle di una revisione al ribasso della nostra già asfittica crescita, con conseguente sensibile diminuzione del gettito tributario allargato. Senza contare i pericolosi scricchiolii che provengono dal settore cardine delle banche, la qual cosa dovrebbe consigliare grande attenzione nel controllo della spesa pubblica. Ciononostante, il Governo che doveva cambiare verso all’Italia prosegue imperterrito ad aumentare i costi di un sistema soffocato dalle tasse e dai debiti, pensando unicamente agli elettori di oggi ed infischiandosene altamente di quelli di domani.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:30