Sugli accordi bilaterali la leggerezza della Ue

venerdì 12 agosto 2016


Nuove tensioni tra società civile e Commissione europea sugli accordi bilaterali con Stati Uniti e Canada. È infatti possibile, secondo un team di specialisti del diritto comunitario composto da giuristi belgi, tedeschi e olandesi, che le rassicurazioni della signora Cecilia Malmström sulla tutela dei consumatori e degli standard alimentari siano solo un mucchio di boiate.

Secondo quanto riportano alcune Ong, tra cui Foodwatch, né il Ttip (Transatlantic Trade and Investment Partnership) né il Ceta (Comprehensive Economic and Trade Agreement) menzionano quello che per l’Unione europea è una nozione giuridica fondamentale, cioè il cosiddetto principio di precauzione. Una “distrazione” che darebbe il via libera in Europa a un mercato alimentare americano senza alcuna protezione o con scarsissimi controlli sulla qualità dei prodotti.

Insomma, ritorna l’incubo, per dirne una, della carne agli ormoni e di altre schifezze made in Usa sulle nostre tavole. L’assenza del principio di precauzione negli accordi commerciali con l’altro mondo, pone l’Ue in una posizione di “fragilità”, ha spiegato giorni fa in un seminario all’Assemblea nazionale francese, Nicolas de Sadeleer, docente all’Università Saint-Louis di Bruxelles, ponendosi, di fatto, nelle condizioni di domandarsi “con quale faccia” la Commissione continua a rassicurarci sulle misure di protezione di ambiente, salute e consumatori alla luce di una situazione tutt’altro che trasparente. Quel che è certo, ricordano da Foodwatch, è che il principio di precauzione non è contemplato dall’altra parte dell’Atlantico, classificato semplicemente come “barriera commerciale”, poiché in Canada e Usa conta solo la prova scientifica definitiva, e questo naturalmente autorizza la commercializzazione di qualsiasi prodotto o quantomeno un compromesso che è sempre win-win.

Ma la cosa davvero inquietante è un’altra, secondo i giuristi che stanno analizzando il caso: nessuno - dicono - all’interno dell’Unione europea ha interesse a salvare il principio di precauzione nei trattati commerciali con il nord America. Business as usual, dunque, e il cavallo di Troia ancora una volta si chiama Bruxelles. Secondo il team di giuristi, Ttip e Ceta potrebbero avere un impatto non indifferente sull’elaborazione di alcune norme Ue, come per esempio quelle sulle sostanze che alterano il sistema endocrino o le nanotecnologie. Il problema, osservano, e che i due accordi commerciali sono considerati come trattati di “seconda generazione” o “aperti”, i cui negoziati sono sempre possibili, anche dopo la loro adozione, perché, come per esempio prevede il Ceta, le due parti devono informarsi reciprocamente e avviare consultazioni continue su possibili cambiamenti delle norme. Il che apre a interrogativi legittimi. Alcune regole, spiega de Sadeleer, possono risultare giuridicamente indebolite dalla natura di questi accordi: “Non si tratta di un punto di vista ideologico o militante. La nostra analisi tecnica di Ceta e Ttip mostra carenze di principi giuridici costituzionali che potrebbero ritorcersi contro l’Ue e i suoi Stati membri”.

Bruxelles ha già siglato accordi bilaterali, con la Corea del Sud, il Perù e la Colombia, che non menzionano il principio di precauzione. In questi casi, però, precisa il team di giuristi, è l’Ue che esporta le sue norme e non il contrario. Nel caso del Ttip, invece, i rapporti di forza sembrano leggermente diversi. Non fosse altro perché, ricordano gli specialisti, Usa e Canada hanno già denunciato l’Ue all’Organizzazione mondiale del commercio proprio sull’applicazione del principio di precauzione, uscendone piuttosto rafforzate. Un “invito”, insomma, ai 28 a non (ri)pensarci troppo e a convincersi una volta per tutte chi è che comanda. Ecco perché, in una lettera dello scorso 18 luglio, firmata da Emma Marcegaglia (presidente) e Markus J. Beyrer (direttore generale), BusinessEurope invita a fare presto e a firmare il Ceta nel corso del prossimo summit Ue-Canada fissato provvisoriamente per il 27 ottobre. BE parla di “accordo lungimirante per settori importanti” come i diritti sulla proprietà intellettuale e la cooperazione normativa, che “crea un precedente importante sulle indicazioni geografiche”. Il Ceta “marca un grande successo della politica commerciale Ue” e darà “vantaggi economici alle due sponde dell’Atlantico che verranno apprezzati da imprese, lavoratori e consumatori”. Se la applicazione provvisoria dell’accordo sarà rinviata, scrive la confindustria europea, “il segnale mandato alle imprese Ue e agli altri partner commerciali sarà quello di un’Unione europea incapace di agire su una delle sue politiche più strategiche e cruciali per lo sviluppo della crescita economica e occupazione”.

È in gioco la “credibilità”, sia “interna che esterna”, dell’Ue, che in questo momento “rischia seriamente di disintegrarsi”. Per rifarsi una verginità e riaffermare il mantra neo-liberista del cittadino-consumatore, l’accordo Ceta rappresenta “la prova del nove per l’affidabilità dell’Ue come partner commerciale”.


di Pierpaolo Arzilla