La crescita si realizza   dal lato dell’offerta

È indubbio che il devastante terremoto del 24 agosto abbia concesso una tregua al Premier Matteo Renzi, spostando il dibattito dalle crescenti difficoltà del suo Governo alla questione sempre attuale della messa in sicurezza del nostro immenso patrimonio immobiliare. Ma con il diradarsi del polverone mediatico che ha accompagnato per giorni il tragico evento sismico, stanno tornando in primo piano le criticità di una linea renziana la quale, soprattutto sul piano economico, non sta affatto realizzando i tanto sbandierati obiettivi di crescita. Ciò è pienamente confermato dai principali indicatori economici, ai quali corrisponde una diffusa e assolutamente realistica percezione dei cittadini. Il Paese, al netto di qualche zero virgola ballerino, è sostanzialmente inchiodato e, di questo passo, ci vorranno decenni per riportarlo ai livelli precedenti la grande recessione del 2007/2008.

Come ho già avuto modo di scrivere su queste pagine, l’ostinata impostazione becero-keynesiana perseguita dal genio della lampada fiorentino - tutta basata sullo stimolo della domanda interna aggregata da ottenersi rigorosamente in deficit - non funziona. Così come non funziona l’idea di spostare la feroce tassazione da un soggetto ad un altro, con la speranza che tutto questo possa innescare la scintilla magica in grado di far ripartire al galoppo la nostra asfittica economia.

In estrema sintesi, se il terreno su cui opera il tessuto produttivo, quello che per la cronaca crea la vera ricchezza delle nazioni, è un terreno estremamente ostile, tanto sul piano della fiscalità che su quello della regolamentazione, possiamo pure gettare montagne di banconote dagli elicotteri senza ottenere alcun risultato. Se non si allenta la stretta fiscale e burocratica che disincentiva al massimo grado ogni forma di libera intrapresa, nessuno stimolo della domanda potrà mai funzionare. Occorre dunque agire dal lato dell’offerta, rendendo conveniente l’investimento di capitali e di risorse umane in una qualsiasi attività di mercato. Tuttavia per realizzare un svolta di questa natura la conditio sine qua non è costituita da una riduzione, seppur compatibile con i tempi di una democrazia ampiamente dominata dal voto di scambio, del perimetro pubblico, abbattendo di svariati punti una spesa pubblica che l’economia italiana non può assolutamente permettersi.

L’alternativa a questa dolorosa ricetta ce l’abbiamo sotto gli occhi: il Governo delle bubbole che finge di ridurre le tasse e che sta gettando le basi per un futuro, quanto catastrofico dissesto finanziario del Paese di Pulcinella.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:21