La Fca nel mirino Usa:   il veleno nella coda

Il veleno è sempre nella coda. Stiamo con Sergio Marchionne, c’è una puzza di bruciato nelle accuse alla Fiat Chrysler Automobiles (Fca) sulle emissioni che veramente sa di ossimoro. Sia chiaro, Marchionne non è mai stato in cima ai nostri pensieri, tantomeno la Fiat, ma stavolta siamo convinti che abbiano ragione, troppo scaltro e bravo “Sergio” per incappare in questa pericolosa scriteriatezza.

Del resto, nelle ultime settimane negli Stati Uniti sono scattate tante di quelle vendette finali fra democratici e repubblicani, così come dentro lo stesso Gop (Grand Old Party) da film di Hitchcock. Come se non bastasse, l’indagine accusatoria della Epa (Environmental Protection Agency) nei confronti della Fca è scattata, guarda caso, all’indomani dell’annuncio di Marchionne di imponenti investimenti in America del Gruppo. Annuncio che ha portato ad una dichiarazione di Donald Trump a favore del progetto, presentato da Fca, sulla creazione di impianti e posti di lavoro. Ecco perché siamo convinti che gatta ci covi e che l’indagine sia una patacca strumentale.

Del resto, se c’è una cosa che ha distinto la gestione Marchionne dalle precedenti è non solo l’autonomia totale degli Agnelli, ma una scaltrezza e una capacità imprenditoriale che la Fiat aveva perso dai tempi di Cesare Romiti. Non è un caso, infatti, che il gruppo torinese abbia raccolto i suoi maggiori successi storici nel rilancio e nella ristrutturazione dell’impresa dai guai, proprio con Romiti allora e con Marchionne ora. Dunque staremo a vedere come finirà e soprattutto cosa accadrà quando finalmente l’amministrazione Trump entrerà un azione.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:21