“Segnalazioni tardive”, pericolo evitato

Il Consiglio dei ministri ha licenziato ieri l’altro il testo definitivo del Decreto legislativo attuativo della Direttiva europea relativa alla “prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminosa e di finanziamento del terrorismo” (un nome pomposo – e altisonante – per nascondere poi in concreto, in molti casi, solo finalità fiscali da parte di uno stato affamato e onnivoro).

Il percorso parlamentare (cioè, il parere delle due Camere) ha giovato – e molto – al perfezionamento del provvedimento, che è notevolmente cambiato rispetto al precedente testo approvato in prima lettura dal Governo, il quale è comunque ora in grado di adempiere all’obbligo di recepire la Direttiva interessata entro il prossimo 26 giugno. I flussi finanziari costituiscono dunque, da tempo, una seria minaccia all’integrità dei mercati non solo dei singoli stati membri, ma anche della stessa Unione europea. Si pensi, sul piano internazionale, che nel solo 2013 è stato rilevato che i Paesi in via di sviluppo hanno registrato una perdita pari a circa mille miliardi di dollari, dovuta a movimenti illegali di denaro da uno stato all’altro (Rapporto 15 febbraio 2017 di Transparency International, dal titolo “Top Secret Countries keep financial crime fighting data to themselves”).

In tale panorama, non certo positivo, il sistema bancario italiano ha da sempre svolto un ruolo di assoluto rilievo in termini di collaborazione con le Istituzioni, le Autorità di Vigilanza di settore e l’Autorità giudiziaria. Gli ultimi dati disponibili, sul numero di segnalazioni di operazioni sospette, che costituiscono la massima espressione di collaborazione attiva, mostrano un notevole apporto alle stesse del settore bancario (nel I semestre del 2016, su un totale di 52.059 operazioni sospette, ben 40.110 sono state effettuate da Banche e Poste, pari ad oltre il 77 per cento del totale). Non può, pertanto, sottacersi l’importanza di tenere nella dovuta considerazione le istanze del sistema bancario e finanziario nella formulazione di norme di interesse generale, ai fini di una loro compiuta ed efficace attuazione e proprio nell’ottica di prevenire e frenare il fenomeno del riciclaggio di proventi di origine delittuosa. E come Assopopolari – così ha fatto anche l’ABI – non abbiamo omesso di rappresentare, nella nostra audizione parlamentare, alcune criticità generali ed una criticità specifica che, condivisa dal Consiglio dei ministri oltre che in Parlamento, è stata accettata.

Punto di assoluta criticità – avevamo detto ai parlamentari in Commissione – era quello rappresentato dal nuovo testo dell’art. 35 dello schema di decreto, che prevedeva un nuovo secondo comma. E l’ultimo periodo di tale comma definiva come tardive le segnalazioni di operazioni sospette, effettuate decorsi trenta giorni dal compimento della operazione attenzionata. La previsione in parola – avevamo in sostanza detto, depositando al proposito anche una corposa memoria – appare ictu oculi foriera di gravi pericoli. Così proseguendo: “Anzitutto è da sottolinearsi che è di estrema difficoltà (per non dire che è impossibile) l’individuazione del momento nel quale si può ritenere che l’operazione sia stata effettuata e, quindi, del momento a partire dal quale dovrebbero essere computati i 30 giorni di cui alla norma. Invero, come emerge chiaramente dalla vigente normativa, il criterio per ritenere un’operazione sospetta è nella stragrande parte dei casi dato dalla reiterazione di comportamenti e flussi informativi: si tratta, dunque, di una fattispecie a formazione – per così dire – progressiva nel tempo. Riteniamo quindi che l’inserimento della previsione anzidetta nel testo successivo a quello posto in consultazione sia stato frettoloso e non a sufficienza soppesato. Il mantenimento di quanto qua criticato sarebbe tale da scoraggiare la segnalazione di operazioni sospette solo a ragione veduta e ben ben soppesata (il pericolo di cadere nel ritardo spingerebbe infatti le banche a segnalare operazioni pretesemente sospette al più presto e magari in via meramente cautelativa, senza un adeguato convincimento). In secondo luogo – avevamo sempre detto in audizione -  è da segnalarsi la pesantezza della sanzione prevista in caso di ‘tardività’ della segnalazione di operazione sospetta, sanzione che tra l’altro coinvolgerebbe i dipendenti degli operatori bancari e finanziari e in modo certamente insopportabile per molti di loro. Da cui – è facile supporlo – anche un notevole contenzioso, dai molteplici risvolti. In conclusione – avevamo da ultimo detto e riferito ai parlamentari interpellati – riteniamo di dover chiedere fortemente l’espressione di un parere che suggerisca lo stralcio del periodo qua criticato (art. 35, comma 2, ultimo periodo), anche a fine di rafforzare (anziché rischiare di demolire) un meccanismo che ha già dimostrato di giovare a combattere il riciclaggio”.

Oggi, siamo lieti di poter dire che la proposta di stralcio è stata accettata , da Parlamento e Governo. Un tribolo in meno perfino per le banche, ed è tutto dire. L’anno scorso, l’Unione europea ci ha cambiato le norme che ci riguardano, che riguardano le banche ed i rapporti con i nostri clienti, più di 2 volte al giorno (è così: al giorno, non è un errore). Quale altra industria, oltre quella bancaria, potrebbe (e potrà) andare avanti in questo modo?

(*) Presidente Assopopolari

Aggiornato il 27 maggio 2017 alle ore 07:50