Despotismo fiscale

L’Italia non è più retta nelle forme dello Stato di diritto o, se si preferisce, dello Stato limitato dal diritto, come s’esprimono gli anglosassoni. Chiunque, se vanta un credito nei confronti di qualche d’uno deve, anzitutto, dotarsi di un titolo. Di norma, deve citare in giudizio l’asserito debitore, dare prova del suo credito, vederselo riconosciuto con sentenza, che avrà forza esecutiva se e quando passa in giudicato; qualora fosse munito di titolo esecutivo, ad esempio una cambiale, potrà passare direttamente all’esecuzione, ma comunque sempre sotto lo sguardo vigile del giudice dell’esecuzione il quale, per cominciate, vaglierà la validità del titolo, e deciderà di eventuali opposizioni.

Dal primo di luglio, tutto questo non varrà per la cosiddetta Agenzia delle entrate: essa non solo potrà vedere quello che avete in tasca sbirciando nei vostri conti, ma avrà facoltà di prelevare direttamente da essi quanto essa asserisce di vantare da voi, senza il controllo di nessun giudice terzo. Farà fede una sua asserzione unilaterale incontrollata. Il rapporto fra lo Stato e il cittadino contribuente, in Italia, è andato degenerando da più di mezzo secolo. Avevo quasi ancora le braghette corte, si può dire, quando un ministro delle finanze dell’epoca, Bruno Visentini, alla mia affermazione che i tributi da pagare nel Belpaese erano i più alti d’Europa, rispose che siccome gli italiani tendevano ad evadere, bisognava tartassarli, per incassare almeno la metà. Gli replicai che il discorso era criminale, in quanto non si può taglieggiare onesti per rifarsi dei disonesti, scusa del pizzo di tutte le mafie; e criminogeno, in quanto strozzare la gente rende quasi obbligatorio sottrarsi alla morsa con l’inganno, se si vuole sopravvivere.

A nessun governante italiano viene in mente che se in questo Paese si pagassero tributi europei, esempio il 30 per cento, pochi si creerebbero angosce per evadere; ma se si deve pagare il 60 per cento, cioè si pretende che uno lavori sino ad agosto per lo Stato e per sé solo da settembre a dicembre, chi può o non produce e va al mare, come il ragazzotto campano d’una pellicola cinematografica degli anni Sessanta, o se lavora vede di sfuggire ai rapinatori.

Se si aggiunge che i servizi resi in cambio d’imposte e tasse versate sono sempre più scarsi, dalla santità alla pubblica istruzione, l’impressione d’essere borseggiati è sempre più sentita. E adesso il colpo di grazia. In una situazione in cui, con minacce terroristiche che mettono nell’angoscia pavidi direttori di banca a reddito fisso, con la scusa della tracciabilità si inibiscono i prelievi in contanti sopra i tremila euro, cosa risibile, ed anche pei bonifici si chiedono mille motivazioni. Il futuro dell’economia italiana sarà nel buco sotto la mattonella o nel baratto? La Rivoluzione americana o quella francese scoppiarono per molto meno.

Aggiornato il 03 luglio 2017 alle ore 21:09