Si è scatenata l’Istat

Continuando così la Cina dovrà temere perché ormai secondo l’Istat stiamo diventando ogni giorno più forti, ricchi e virtuosi.

Insomma, secondo le rilevazioni dell’Istituto centrale di statistica la reazione atomica si è innescata e non c’è indicatore che non certifichi crescita, successi, miglioramenti. Sia chiaro, nulla contro l’Istituto e la qualità del suo lavoro, ma fortunatamente la legge non punisce il dubbio e noi di dubbi ne abbiamo tanti. Oltretutto sappiamo bene che i metodi della ricerca statistica non solo sono molteplici, ma possono basarsi su panieri di riferimento piuttosto “componibili”. Per farla breve e senza scomodare il famoso sonetto di Trilussa, può davvero accadere che non sia tutto oro ciò che luccica. Come se non bastasse siamo in piena stagione preelettorale e dunque il “sursum corda” è un classico di sempre dei cattocomunisti. Che l’Italia stia crescendo non v’è dubbio, forse non così tanto come ci dicono, ma sicuramente cresce e migliora alcuni indicatori. Dunque il dubbio non è sulla crescita ma sulla sua articolazione e sul suo assestamento strutturale.

Va da sé, infatti, che ogni crescita per essere strutturale necessiti di tante precondizioni che eliminino i difetti di malfunzionamento e malassorbimento economico e sociale. Bene, anzi male, da noi i governi in questi anni poco o niente hanno fatto in tal senso. Tanto è vero che il debito continua a salire, il fisco a ossessionare, la burocrazia a esasperare, i servizi pubblici a difettare clamorosamente. Inoltre resta pressoché inalterata la difficoltà di accesso al credito come l’inefficienza della Pubblica amministrazione nel sostenere ogni iniziativa. Per non parlare della mala gestione di quasi tutto l’apparato di Stato che non solo costa uno sproposito, ma si conferma fonte potenziale di malaffare e di opacità. Tutto ciò non è l’attacco ipocrita di chi voglia vedere a ogni costo il male, ma semplicemente il riscontro della pessima posizione dell’Italia in tutte le classifiche mondiali. Ma se anche non bastassero le classifiche sarebbe sufficiente parlare con i cittadini, con gli artigiani, i commercianti, i piccoli imprenditori, i giovani in cerca di lavoro dal Nord al Sud. Parlando con la gente, con il tessuto sociale e produttivo del Paese, uscirebbe fuori lo stato reale dell’Italia.

Un fisco ossessivo e persecutorio, una burocrazia disperante, una macchina statale goffa e in parte nullafacente, un inesistente rispetto dei diritti del cittadino. Insomma, il cittadino paga sempre anche quando ha ragione, si sente inascoltato, schiacciato e abbandonato, si scontra quotidianamente con le assurdità pubbliche che nessuno corregge. Cari amici, l’Italia sta crescendo solo perché grazie alla congiuntura è come se avesse imboccato una discesa che per gravità ne aumenta la velocità. Tassi prossimi allo zero, Quantitative easing, basso costo del petrolio, tolleranza sul debito, soprattutto effetto stagionale e internazionale, hanno spinto e spingono il Paese. Quest’estate, infatti, complice la paura di attentati nel mondo, in Italia sono aumentati come non mai il turismo e i consumi collegati.

Insomma, parliamo di congiunture, la nostra crescita è in larga parte pura e semplice congiuntura, che purtroppo finirà. Finirà con il termine del Quantitative easing, della fase a tassi zero, delle politiche europee accomodanti. Finirà e ce ne accorgeremo, avendo oltretutto sprecato una stagione così propizia in bonus elettorali, finanziamenti propagandistici, provvedimenti lobbistici e spesa pubblica alla ricerca di voti. Ecco perché non bisogna cadere nell’ennesima illusione; ecco perché il centrosinistra ha fallito; ecco perché l’Italia ha bisogno di una svolta culturale, sociale e politica.

Aggiornato il 13 settembre 2017 alle ore 19:37