Fisco, tasse, tributi: l’esperto risolve

sabato 20 gennaio 2018


Torna anche questa settimana la rubrica del dottor Alfredo Annibali, commercialista di Roma, che settimanalmente risponde ai quesiti dei lettori in materia fiscale e tributaria. Il dottor Annibali vanta un’esperienza trentennale nel settore ed è anche Revisore legale e Perito del Tribunale civile di Roma. Domande e risposte per aiutare il contribuente a destreggiarsi meglio nell’intricato mondo del fisco.

Giovanni da Palermo mi chiede: sento molto parlare della “Flat tax” specialmente nei talk-show elettorali, mi potrebbe spiegare di cosa si tratta? Potrebbe risolvere i problemi di evasione fiscale nel nostro Paese? Premetto che nel rispondere non intendo avallare nessuna delle tesi proposte nell’agone politico in atto ma solo opinioni personali. Flat tax letteralmente significa “tassa piatta” e consiste nel prevedere una unica aliquota impositiva. In altre parole si saprebbe con certezza quanto pagare di imposte per ogni euro di guadagno (ad esempio fatto 100 il reddito e 25 per cento l’aliquota, la determinazione è presto fatta, idem se aumenta a 200 con rispettivamente venticinque e cinquanta euro di imposte). Il sistema attuale invece prevede che al variare del reddito cambia in misura progressiva l’aliquota di riferimento rendendo complicato il calcolo e le previsioni di esborso fiscale. Allora perché non applicarla? Perché almeno nell’immediato potrebbe portare alla diminuzione del gettito fiscale e perché potenzialmente in contrasto con l’articolo 53 della nostra Costituzione ove si fa riferimento alla “progressività della tassazione e alla capacità contributiva”. Dal mio punto di vista ho notato che quando lo Stato introduce sistemi forfettari di imposizione aumenta la platea dei contribuenti senza considerare poi che in Italia già esiste la flat tax in quanto l’Ires per le imprese è al 24 per cento fisso… Per concludere, sarebbero auspicabili dei seri studi sull’argomento rispolverando magari i vecchi e cari manuali di scienza delle finanze.

Giancarlo da Milano: purtroppo un amico mi ha chiesto a suo tempo di fare da amministratore a una sua società in quanto lui per passati problemi di insolvenza avrebbe avuto serie difficoltà a poter aprire un c/c alla società. Ora apprendo che la stessa è fallita, cosa rischio? Consideri che io di mestiere faccio l’artigiano e avevo totale fiducia in lui. Premesso che non mi occupo specificamente di fallimenti e che per poter rispondere occorrerebbe esaminare le carte, non mi sento di tranquillizzarla del tutto. È vero che è facile dimostrare che il suo amico era l’amministratore di fatto, ma è anche vero che lei potrebbe essere chiamato in causa per non aver impedito il compimento di determinati atti. Certo la circostanza che sia un artigiano e non un professionista del settore aiuta, ma non lo giustifica del tutto.


di Alfredo Annibali