La politica si allinei all’economia globale

La politica è rimasta indietro rispetto all’economia. Tutto ciò che è politico in Italia non serve a niente, mentre chi lavora, produce e fa profitto economicamente è utile a se stesso, agli altri e al Paese tutto. Lo scollamento tra la politica italiana - le grotte cioè di persone inutili stipendiate per nulla - e l’economia vera, reale - fatta cioè dal sudore della fronte e dal guadagno meritato realizzato in un mercato vero, non truccato dalla politica e da uno Stato dirigista e assistenzialista - è ormai evidente.

In teoria la politica avrebbe dovuto servire al coordinamento dei lavori effettivi e profittevoli, cioè che procurano guadagno e ricchezza a tutti noi, ma oggi è al contrario un impedimento, un ostacolo al libero mercato. Oggi la politica è totalmente improduttiva. Fa impressione la quantità di soldi, centinaia di milioni di euro, spesi dalle elezioni del 4 marzo scorso ad oggi. Per fare cosa? Per vedere e toccare con mano l’inutilità di tutta la classe politica. Chiediamoci: in cosa stiamo investendo oggi, per una politica che non serve a niente. A cosa serve infatti agli italiani stare a vedere uno spettacolo indegno come quello cui stiamo assistendo da più di quaranta giorni a questa parte? Nulla. Lo spettacolo è impietoso e lo paghiamo pure maledettamente caro. Ci conviene? Per niente. A nessuno di noi conviene sborsare tutti questi nostri soldi per il nulla. Ancora meno per questo schifo che la politica ci propina. Se servisse all’economia, capiremmo, aspetteremmo, ma tutto quello che stiamo vedendo non serve affatto. Perdiamo e diamo un sacco di soldi inutilmente.

La politica, per esistere, deve avere una ragione d’essere, cioè deve servire all’economia e alla produzione, in Italia e per l’Italia. Invece oggi paghiamo per una politica che non serve. Il problema dunque è come ricollegare o collegare ab origine la scelta e il voto delle persone che compongono il nostro Paese con la realizzazione e la finalizzazione alla produzione dell’economia utile a noi tutti. Serve il filtro della politica? O se ne può fare a meno?

Lo sforzo deve essere quello di spingere perché i nuovi votati abbiano chiaro e finalizzino il proprio ruolo all’economia italiana e alla produttività. In mancanza di questa finalizzazione e conversione dell’esistente, sarà arduo trovare in futuro una vera utilità della politica. Dunque in questo periodo di transizione in cui gli italiani hanno votato in tal senso bene, avendo individuato forze che hanno promesso cambiamenti e riforme produttive del Paese, bisogna continuare a esortare una politica funzionale che renda il lavoro produttivo e commerciabile nel libero mercato globale.

Casaleggio senior ha vagheggiato una situazione ideale da costruire dalle fondamenta in Italia, cioè uno Stato come quelli superproduttivi che, a quel punto e solo a quel punto di produttività totale, si consente di aiutare assistenzialmente i non produttivi, i non temporaneamente produttivi. Si tratta cioè di uno Stato ricco di produttività, di ricchezza e benessere che, a quel punto e solo a quel punto, regala soldi per la reimmissione di chi è rimasto improduttivo in quel momento.

Il nostro Paese deve arrivarci. Bisogna fare passo passo. Prima si diventa produttivi e poi assistenziali per il reinserimento nella produttività. Il lavoro che l’Italia deve fare è dal basso. Bisogna convertire le attività pubbliche improduttive (le attività private si convertono e finalizzano all’origine altrimenti non possono esistere) in produttive nel libero mercato, non in quello viziato. A tal fine la politica - se intende continuare ad esistere - deve convergere e funzionalizzarsi alla economia del libero mercato. Immediatamente dal voto espresso dagli italiani.

Aggiornato il 20 aprile 2018 alle ore 19:46