Confesercenti, 59 per cento italiani contro le aperture festive

Negozi aperti o chiusi nei giorni di festa? Sei italiani su dieci si schierano dalla parte di coloro che preferiscono restino con le serrande abbassate. A dire che lo shopping festivo non convince gli italiani è un sondaggio condotto da Swg per Confesercenti sull’impatto delle liberalizzazioni nel commercio sulle abitudini di consumo. E proprio contro la totale liberalizzazione delle aperture, introdotta dal Governo Monti a partire da gennaio 2012, i sindacati del commercio chiamano i lavoratori a incrociare le braccia anche il primo maggio, nell’ambito della mobilitazione già proclamata per le precedenti giornate di festa. Diverse le regioni interessate dagli scioperi indetti da Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs: Toscana, Lazio, Puglia, Sicilia, Liguria; stop a livello territoriale in Lombardia e appelli ad astenersi dal lavoro in Piemonte, Emilia Romagna e Umbria.

Secondo il sondaggio Confesercenti-Swg, il 59 per cento degli italiani si dice favorevole a introdurre una limitazione delle aperture delle attività commerciali almeno in occasione delle principali festività nazionali, come Natale, Capodanno, Pasqua, 25 aprile e il primo maggio, appunto, giornata in cui solo 2 intervistati su 10 progettano di fare acquisti. Peraltro, sempre stando ai risultati del sondaggio, in media gli italiani hanno approfittato dei negozi aperti di domenica o in un altro giorno festivo solo 10 volte lo scorso anno, sui circa 60 giorni “in più” resi disponibili dalla liberalizzazione. E neppure i consumi sono stati trainati. Nel 2017, sottolinea Confesercenti, le vendite al dettaglio sono risultate ancora inferiori di oltre 5 miliardi di euro rispetto ai livelli del 2011, ultimo anno prima della “deregulation”. E il “sempre aperto” è stato una “catastrofe” per i negozi tradizionali, che non sono stati in grado di competere con la grande distruzione organizzata e con le aperture 24 ore su 24, sette giorni su sette. Tanto che, secondo le stime della stessa associazione, dal 2012 a oggi “almeno 90mila” piccoli negozi sono stati costretti a chiudere.

La deregulation, sostiene, “è riuscita solo nell’intento di spostare quote di mercato verso la Gdo”, su cui dal 2011 “circa 7 miliardi di euro di vendite sono stati travasati”. Senza contare il peso, sempre più crescente, delle vendite on-line. Per questo non è più rinviabile, conclude, trasformare in legge la proposta di iniziativa popolare per un regime di aperture in base alle necessità reali dei territori, riportando la decisione ai sindaci in accordo con le associazioni.

Aggiornato il 30 aprile 2018 alle ore 16:37