“Chiusi per scelta”. Basterebbe leggere questa insegna pubblicitaria all’ingresso dei punti vendita della Coop, una delle principali catene italiane di supermercati e ipermercati, per mettere fine alla eterna discussione sugli orari dei negozi nei giorni festivi.

Ieri sono stati i singoli esercenti a decidere se stare chiusi o aperti. Non avevano nessun obbligo né in un senso, né nell’altro. L’unico obbligo era quello di garantire le corrette condizioni di lavoro ai propri dipendenti, come prevede la legge, cioè non facendo superare il limite orario di lavoro e retribuendo di più quello straordinario. Se questi vincoli non vengono rispettati, si verifica una violazione delle norme a tutela dei lavoratori dipendenti che poco a che fare con il lavoro di domenica o il primo maggio: oltrepassare l’orario di lavoro in un qualsiasi giorno feriale non è meno rilevante che farlo di domenica.

Restar chiusi per scelta, dunque, si può. E si può anche essendo una grande catena di supermercati, i primi ad essere correntemente additati della colpa di stare sempre aperti. Eppure, a ogni festività tornano polemiche e proteste.

In Toscana, Sicilia, Puglia, Lazio e Liguria i sindacati hanno indetto per oggi scioperi del commercio per costringere supermercati, centri commerciali e negozi a restare chiusi. È difficile pensare che siano scioperi di questo genere a rendere omaggio alla giornata del lavoro e dei lavoratori.

Questa festività nacque quando le preoccupazioni riguardavano le condizioni di lavoro degli operai alla fine dell’Ottocento, orari compresi. Oggi non solo quelle condizioni non esistono più, ma a stento esiste ancora quel tipo di lavoro. Le preoccupazioni, oggi, sono altre e diverse. Prima di tutto, riguardano la possibilità di lavorare. Farlo nei giorni festivi, può essere, senza alcun obbligo di legge, una di quelle.

(*) Editoriale a cura dell’Istituto Bruno Leoni

Aggiornato il 02 maggio 2018 alle ore 11:57