L'Ilva, il suo indotto e le responsabilità dello Stato

lunedì 21 maggio 2018


“Le morti sul lavoro in un impianto così complesso non possono essere più imputate alla fatalità ma ad un sistema minato dalla precarietà che andrebbe radicalmente riformato per creare condizioni di sicurezza per la vita e la salute di questi ultimi, gli operai, che stanno pagando da troppo tempo il prezzo più alto”: lo ha detto Mons. Filippo Santoro, Arcivescovo Metropolita di Taranto, parlando dell'ultimo, funesto incidente accaduto all’Ilva. Per il decesso sul lavoro del giovane Fuggiano aspettiamo che la magistratura faccia il suo corso e che si esprima in merito. Fra qualche giorno magari non se ne parlerà più e si attenderà il prossimo morto o il prossimo disoccupato dell’Ilva o del suo indotto, per organizzare scioperi, tavole rotonde, trasmissioni ed è sempre la stessa storia senza che cambi nulla, mentre si dovrebbe esigere una risposta dalla politica.

La precarietà in cui vivono gli operai dell’Ilva e del suo indotto, così come le rispettive aziende, sta generando forti preoccupazioni. A tal proposito, Rinaldo Melucci, sindaco di Taranto, aveva richiesto un incontro con i commissari Ilva, perché la situazione - già compromessa dai crediti pregressi vantati verso l’amministrazione straordinaria - si va ulteriormente complicando a causa dei forti ritardi nei pagamenti correnti. Ricordiamo che il giovane Fuggiano deceduto nell’infortunio di qualche giorno fa non era dipendente dell’Ilva ma della Ferplast, proprio un'azienda dell'indotto.

“Un’impresa che è uno dei nostri fiori all’occhiello in termini di sicurezza e credibilità”, ha detto il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo. C’è da credergli, ma come ha riferito Mons. Santoro, tutto il sistema è minato dalla precarietà per cui è difficile pensare alla fatalità, anche se bisogna tener conto anche di questa. Le aziende dell’indotto hanno unanimemente più volte manifestato i loro disagi. Le fatture vengono saldate solo dopo mesi oltre la scadenza andando a gravare su una condizione già fortemente compromessa dalle oramai note vicende legate ai crediti pregressi. Si tratta di 150 milioni complessivi, rientrati nella massa del passivo e di fatto non più nella disponibilità delle aziende.

“Se non ci fosse stata, a monte, questa condizione già molto penalizzante – ha dichiarato Antonio Lenoci, presidente della sezione metalmeccanica di Confindustria Taranto - oggi queste aziende sarebbero sicuramente in grado di gestire i ritardi nei pagamenti delle fatture. Così purtroppo non è e i bilanci chiusi al 31.12.17 evidenziano uno stato di forte sofferenza per tutte le realtà imprenditoriali coinvolte nella vicenda e un conseguente peggioramento del rating. Chi fa impresa sa cosa significa, cioè perdere credibilità e non essere più in grado di competere sui mercati”.

La situazione attuale non consente, per evidenti motivi, di agganciare quella ripresa che è stata prospettata dalle più recenti analisi di Confindustria e Cerved, che hanno evidenziato una sensibile risalita dalla crisi delle aziende del  Mezzogiorno. Eppure queste aziende non meritano di essere escluse da tale rilancio. Ritenute strategiche per tutto il sistema, sono le stesse che hanno consentito la continuità produttiva dell’Ilva in tutte le sue fasi, soprattutto periodo di passaggio all’amministrazione straordinaria. Un periodo in cui, va ricordato, le aziende dell’indotto hanno svolto i lavori commissionati interfacciandosi con commissari di emanazione governativa che, subentrando alla parte privata, assegnavano alle imprese ulteriori garanzie sulla solidità dei pagamenti nel rapporto di fornitura. Di fatto, come oramai purtroppo noto, tali garanzie sono man mano venute meno producendo una massa creditoria di proporzioni imponenti.

Per questo motivo il 17 maggio il presidente Vincenzo Cesareo ha scritto in pubblico (Facebook) la seguente dichiarazione, che riteniamo di dover riportare integralmente: “Per Taranto è stata una brutta giornata, vissuta con un’angoscia credo comune a tutti. Esprimere il mio profondo cordoglio alla famiglia del giovane Fuggiano è il minimo che io possa fare. Cose del genere non dovrebbero mai accadere. Sono vicino alla Ferplast, l’azienda in cui si è verificato l’incidente, un’impresa che è uno dei nostri fiori all’occhiello in termini di sicurezza e credibilità. Lo voglio affermare con forza per contrastare la convinzione errata rispetto al fatto che il nostro indotto abbia abbassato la guardia sul piano della tutela dei lavoratori. Vero è, però, che la situazione di estrema incertezza e precarietà in cui versa Ilva e le imprese che vi lavorano, condizioni fortemente anche la quotidianità. A pagarne il prezzo sono i lavoratori e le imprese. Se facciamo un'analisi dei crediti che queste aziende vantano nei confronti dell'Ilva e di quanto danno in termini di lavoro vediamo come la bilancia penda evidentemente solo da una parte. Queste aziende hanno continuato a finanziare lo stabilimento con il loro lavoro e i loro sacrifici. Ora diciamo basta. Non è più possibile far continuare a lavorare queste persone in condizioni che non sono più di sicurezza. È  lo Stato che ha prodotto questa situazione ed è lo Stato che se ne deve far carico. L’ho detto stasera nel corso della riunione tenutasi in Prefettura alla presenza del presidente Emiliano, del sindaco Melucci e dei sindacati, e la denuncia è stata unanime”.


di Vito Piepoli