Non scherziamo con lo spread

Ciò che sta accadendo sui mercati finanziari è solo un’avvisaglia rispetto a quello che realmente si verificherebbe se l’Italia dovesse adottare, anche solo in parte, la linea di extra-deficit sostenuta da Lega e Movimento 5 Stelle e teorizzata da Paolo Savona. Ed è a questo che gli stessi mercati finanziari hanno reagito a partire dalla divulgazione della delirante bozza di contratto giallo-verde, poi rapidamente corretta, in cui si profilava l’uscita dall’Euro dell’Italia. Ma l’aver corretto sulla carta il punto non ha assolutamente rassicurato i nostri creditori, i quali hanno rapidamente ragionato sulla traiettoria impostata per l’Italia dal programma pentaleghista, unito all’impuntatura su Savona al ministero dell’Economia, con il suo preoccupante piano B.

Tutto questo, come testimonia le crescita anomala dei rendimenti dei titoli a breve scadenza, che in alcuni casi tendeva a superare quella del Btp decennale, ha posto in primo piano il cosiddetto currency risk; ovvero il rischio concreto che si verificasse nei fatti l’uscita unilaterale dell’Italia dalla moneta unica. D’altro canto, su una linea politica che obiettivamente fa saltare qualunque argine nella tenuta dei conti pubblici, si verificherebbe molto rapidamente ciò che da tempo teorizza lo stesso Savona, ossia un tale rialzo dei tassi d’interesse che non sarebbe più possibile gestire all’interno della moneta unica, spianando la strada a un ritorno forzato a una valuta nazionale.

Su questo piano è stato lapidario Ugo Arrigo, docente di Finanza pubblica all’Università Bicocca di Milano, il quale sulle pagine de “Il Fatto Quotidiano” ha scritto parole durissime: “La politica italiana sta davvero giocando con il fuoco. Lo spread è salito molto velocemente e rischia di mettere in difficoltà il Paese più di quanto non sia accaduto nel 2011 – precisa – Si immagini che cosa sarebbe successo allora se, in piena crisi, avessimo deciso di andare a votare. Dove sarebbe arrivato lo spread?”. Da questo punto di vista Arrigo sostiene la necessità di evitare le elezioni a breve le quali, a suo parere, rappresenterebbero un vero e proprio suicidio economico del Paese. E conclude con la speranza “che le principali forze politiche sappiano farsi due conti. O che si prendano qualche economista che li sappia fare”.

Infine, occorre ricordare a chi immagina di risolvere su una linea rigorosamente sovranista i nostri colossali problemi, a partire dal terzo debito pubblico del mondo, che l’Italia può anche uscire dall’Europa e dalla moneta unica, ma non potrà mai uscire dai mercati, ossia da chi è chiamato a rinnovarci ogni anno oltre 400 miliardi di euro di prestiti. A meno di non dichiarare fallimento ripudiando il debito, come è andato in tivù a spiegare quel gran cervellone di Mario Giordano, e facendo sprofondare il Paese nel baratro di un’economia di guerra.

Aggiornato il 30 maggio 2018 alle ore 19:26