Il fenomeno dei frontalieri

Sono quasi centomila gli italiani che ogni mattina escono dai confini nazionali per lavoro e fanno rientro la sera. È il fenomeno dei cosiddetti frontalieri, noto in molte zone di confine, ma poco conosciuto nel resto d’Italia e spesso trascurato anche dalle autorità di governo. Talvolta l’impressione è che questi centomila connazionali interessino solamente sotto il profilo delle regole che governano l’imposizione fiscale.

Spesso vengono considerati dei privilegiati, perché percepiscono salari più elevati rispetto a quelli italiani, ma la loro vita non è tutta rosa e fiori. Essere frontaliero significa in molti casi alzarsi quando è ancora notte e sopportare lunghe code verso la frontiera. Scarse sono le garanzie sindacali. Sono circa 75mila gli italiani che giornalmente varcano le dogane come quelle di Chiasso o di Gaggiolo per raggiungere la Svizzera, soprattutto dalle province di Varese, Como e Lecco. Alcuni paesi della Svizzera ticinese contano più frontalieri che residenti e anche nel Vallese e nei Grigioni i lavoratori italiani raggiungono percentuali ragguardevoli. A volte non mancano gli attriti, gli svizzeri lamentano l’inquinamento automobilistico e la concorrenza salariale. Al referendum del 2016, il 58 per cento dei ticinesi ha votato per privilegiare la manodopera locale rispetto a quella d’importazione. Sono segnali di insofferenza che non vanno trascurati ed è importante che i nostri frontalieri avvertano la vicinanza delle autorità italiane, che hanno il dovere di tutelare i nostri lavoratori con accordi bilaterali sempre più favorevoli.

La maggior parte dei frontalieri vive una condizione di precarietà, che è economica ma anche psicologica. Sono grati al Paese che offre opportunità di lavoro e ne rispettano le regole, ma il loro futuro è legato anche alle oscillazioni politiche, oltre che a quelle cicliche dell’economia. La politica italiana sembra poco sensibile e incline a considerare la problematica come un fattore marginale. È un grave errore, che non è commesso, invece, dalla Francia, anch’essa interessata dal fenomeno dal momento che 40mila francesi si recano quotidianamente nel cantone di Ginevra.

Il fenomeno dei frontalieri non si esaurisce con la Repubblica Elvetica, anche se ne costituisce la parte più evidente. Quasi settemila romagnoli e marchigiani hanno San Marino come luogo di lavoro, quattromila liguri e piemontesi si recano nel Principato di Monaco e duemila la Francia. E poi c’è anche la Città del Vaticano, dove all’interno delle mura lavorano millecinquecento romani. Migliaia di nostri connazionali che chiedono di non essere dimenticati.

Aggiornato il 18 giugno 2018 alle ore 14:06