Il caso Foodora e il neoluddismo commerciale

La fuga di Foodora dall’Italia passerà alla storia come la prima vittoria del Governo Conte/Salvini/Di Maio, che da subito aveva tenuto a ribadire una certa ostilità verso i servizi di food delivery. Non si tratta, però, di un caso isolato.

Da tempo le posizioni di chi oggi siede al Governo hanno saputo differenziarsi per una certa dose di ostilità verso alcuni nuovi elementi che caratterizzano le relazioni commerciali. No alle aperture domenicali, no alla tecnologia “che ruba lavoro”, no alle startup che vendono prodotti e servizi, no ai prodotti stranieri ecc..

Questo atteggiamento di contrasto nei confronti di fenomeni di consumo largamente condivisi dalla popolazione può essere identificato come una nuova declinazione di luddismo, le cui vittime non sono le macchine, oggetto di innovazione, ma tutto ciò che appare come nuovo, diverso e che, guarda caso, funziona.

Uno sforzo di esercizio intellettuale potrebbe essere utile a comprendere il fenomeno. Davvero pensiamo che una catena di supermercati manterrebbe le aperture domenicali se non avesse migliaia di persone in coda alle casse proprio in quei giorni, e centinaia di lavoratori disposti a sacrificare una domenica per guadagnare di più? Pensiamo sia possibile che servizi come Foodora possano operare in Italia senza aver previsto la sostenibilità del servizio, ovvero la possibilità di avere, volontariamente, consumatori che ordinano, ristoranti che desiderano aumentare il proprio business, e studenti/lavoratori disposti a guadagnare un po’ di soldi in cambio del servizio di consegna?Ciò che sembra non essere compreso da chi ci governa, è che nessuna parte viene lesa da relazioni che sono completamente volontarie, dettate da contratti, da attitudini di consumo e da scelte degli individui. Eppure sembriamo non ricordare di quanto pericoloso - oltre che inutile - possa essere agire contro l’innovazione, che oggi non riguarda più solo i prodotti, ma anche e soprattutto i processi e i sistemi di gestione.

È la paura del nuovo, la paura del diverso, il desiderio di controllare l’incontrollabile, ovvero l’innovazione che cambia sotto i nostri occhi in tutto il mondo. Più veloce delle leggi, ma meno forte della politica, che ancora una volta dimostra di essere inadeguata ai tempi e pericolosa per i cittadini. Perché purtroppo, se non scegliamo di governare l’innovazione, piuttosto che contrastarla, finiremo per soccombere.

Aggiornato il 03 agosto 2018 alle ore 12:37