Etruria: per giudici Consob sapeva di crisi già nel 2013

giovedì 9 agosto 2018


La Consob sapeva già, a fine 2013, della situazione di crisi di Banca Etruria segnalata dalla Banca d’Italia all’istituto aretino e alla stessa Authority.

Questa la conclusione della Corte d’Appello di Firenze che ha quindi annullato le sanzioni disposte al cda solo nel 2017 e quindi fuori tempo massimo, per aver nascosto la reale situazione nel prospetto sull’aumento di capitale di luglio 2013. Operazione imposta dalla Banca d’Italia che chiese anche un’aggregazione in un gruppo maggiore, non realizzata, e che portò poi al commissariamento nel febbraio 2015. I giudici hanno così confutato la tesi che divenne, durante la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, uno dei maggiori punti di attrito fra Consob e Banca d’Italia. L’Autorità di controllo dei mercati sosteneva infatti che da Via Nazionale (anche a causa di un protocollo di collaborazione migliorato solo in seguito) fossero arrivati dei documenti stringati o comunque non sufficientemente chiari rispetto alla reale situazione di Etruria. E che solo nel 2016 avesse acquisito l’intera documentazione facendo partire, a quel punto, l’iter sanzionatorio. Certo il vice dg della Consob Giuseppe D’Agostino disse che fu opera del “comportamento omissivo” di Etruria ma il capo della vigilanza di Bankitalia Carmelo Barbagallo chiarì che oltre ai documenti c’erano state anche riunioni fra i due enti di vigilanza. E il presidente Giuseppe Vegas rilevò che le sintesi trasmesse da Via Nazionale erano incomplete anche perché questa doveva tutelare la “stabilità” del sistema.

Uno scarso coordinamento e obiettivi diversi (stabilità contro trasparenza) dunque, poi risolto con la stipula di nuovi accordi fra le due Autorità e che fu stigmatizzato dai parlamentari e nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione d’inchiesta. La Corte d’Appello ha accolto quindi la tesi di amministratori e sindaci secondo cui la Consob avrebbe esercitato tardivamente il suo potere sanzionatorio, oltre il termine di 180 giorni. Nel motivare la decisione i giudici contestano la tesi Consob della “la disponibilità di tre fondamentali documenti” di Bankitalia relativi alla situazione di Banca Etruria (la nota rivolta alla banca del 24 luglio 2012, i rilievi dell’ispezione formulati il 5 dicembre 2013 e la nota inviata direttamente al Presidente Etruria il 5 dicembre 2013). Anche se è vero che Consob non ha ricevuto la nota del 24 luglio 2012 è “documentalmente dimostrato che, ben prima di tale momento” l’Authority “era sicuramente venuta a conoscenza di documenti di Banca d’Italia” sullo stato di Etruria “ben più pregnanti e significativi” e dunque tali “da dover costituire il presupposto per le verifiche di sua competenza”. Inoltre il rapporto ispettivo di Banca d’Italia su Bpel “era sicuramente conosciuto da Consob quantomeno a febbraio 2014” e “Banca d’Italia ha sicuramente trasmesso a Consob i risultati dei propri accertamenti ispettivi del 2013” a inizio dicembre 2013.

“Ancora più significativa” è la nota riservata di Bankitalia a Consob del 6 dicembre 2013 in cui Bankitalia dice chiaramente che Etruria non è “più in grado di percorrere in via autonoma la strada del risanamento”, imponendone l’aggregazione con un altro istituto”. “Di più Banca d’Italia non poteva dire a Consob”, affermano i giudici. “Non era abbastanza per Consob - si chiedono - per cominciare ad indagare sulla trasparenza e veridicità del prospetto dell’offerta al pubblico delle azioni in aumento di capitale che si era avuta nei mesi precedenti?”.


di Redazione