Italia decelera, outlook negativo per Fitch

L’economia italiana rallenta. Nel secondo trimestre dell’anno il Pil è cresciuto dello 0,2% contro il +0,3% dei due trimestri precedenti e il +0,4% di metà 2017. Su base annua le cose sono andate un po’ meglio, con una crescita dell’1,2% che l’Istat ha rivisto al rialzo rispetto alle prime stime. Ma il ritmo non è comunque soddisfacente per il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che ambisce a numeri ben più alti, del 2 o del 3%, da raggiungere anche a costo, se ce ne fosse necessità, di sfondare il famigerato tetto del 3% di deficit.

Parole che cadono in una giornata tesa sui mercati con lo spread in rialzo fino oltre quota 290 mentre Fitch rivede al ribasso le prospettive da “stabili” a “negative”, confermando però il rating “BBB”. La frenata è dovuta soprattutto al calo delle esportazioni. Tra aprile e giugno le vendite all’estero di prodotti made in Italy sono diminuite dello 0,2% segnando un duro colpo per un’economia votata all’export come la nostra. Nello stesso periodo le importazioni sono invece aumentate di ben l’1,8%. I consumi non hanno registrato grandi sommovimenti, con un lieve +0,1%, mentre gli investimenti sono cresciuti di un significativo 2,9%. La certificazione dell’Istat complica i calcoli in vista della messa a punto della Nota di aggiornamento al Def e della manovra. La Nadef è quest’anno un documento cruciale considerando che le stime di primavera sono state fatte dal governo precedente, limitatosi a disegnare il quadro macroeconomico a legislazione vigente, senza nessuna indicazione di tipo politico.

Entro il 27 settembre il ministero dell’Economia dovrà dunque tirare fuori dal cilindro le nuove proiezioni, quelle del 2018, riviste e corrette alla luce del rallentamento economico, e quelle del 2019 entro le quali si dovrà muovere la legge di bilancio del prossimo anno. Il nuovo livello del deficit scritto nero su bianco nella Nota permetterà dunque di capire quali saranno a grandi linee i margini di manovra che Lega e Movimento 5 Stelle avranno per iniziare quantomeno ad implementare i punti cardine del contratto di governo: flat tax, reddito di cittadinanza, riforma delle pensioni. Proprio oggi il vice ministro all’Economia Laura Castelli ha affermato che per il reddito di cittadinanza “siamo in zona cesarini, stiamo affinando il lavoro” confermando che risorse ci sono.

Ma, nonostante il gioco al rialzo portato avanti dalle due forze gialloverdi, Giovanni Tria rimane fermo sulle sue posizioni, le uniche che, secondo il responsabile del Tesoro, possono permettere all’Italia di approvvigionarsi sul mercato con una certa tranquillità, malgrado i recenti rialzi dei rendimenti nelle aste e nel mercato secondario dove lo spread è salito a 290 punti per il Btp decennale e oltre i 200 per i titoli a scadenza tra 24 mesi. Il debito dovrà continuare il suo percorso di discesa, probabilmente un po’ più lento rispetto al quadro tendenziale di aprile (al 128% del Pil nel 2019), ma indiscutibile. Allo stesso tempo non dovrà peggiorare il deficit strutturale, quello a cui guarda l’Europa e che influisce anche sull’andamento del debito.

Nel Def il saldo era dato all’1% del Pil nel 2018 e allo 0,4% nel 2019. Non peggiorare quei numeri significherebbe avere un margine dello 0,6%, pari a 10 miliardi di euro, quanto servirebbe, più o meno, a sterilizzare gli aumenti dell’Iva. Le cifre sono tuttavia ancora aleatorie, suscettibili di modifiche visto che a cambiare sarà, con ogni probabilità, il dato sull’andamento dell’economia. Ad aprile si ipotizzava infatti una crescita all’1,5% ma, secondo lo stesso Tria, quest’anno non si dovrebbe andare oltre l’1,2% per poi scendere ancora all’1/1,1% nel 2019. Il ministro tornerà dalla Cina domenica. Lunedì comincerà a fare il punto al ministero, dove si è già cominciato a lavorare a livello tecnico, e venerdì e sabato incontrerà i suoi omologhi europei e i rappresentanti della Commissione a Vienna, per Eurogruppo ed Ecofin. Ufficialmente l’Italia non è sul tavolo dell’incontro ma ciò non esclude che se ne possa parlare in via preventiva. L’Ue aspetta di vedere cosa sarà scritto nero su bianco sul programma di stabilità da inviare a Bruxelles entro metà ottobre, ma - all’ennesima ipotesi di sforamento del 3% prospettata da Giorgetti - ribadisce che le regole sono uguali per tutti, margini di flessibilità ci sono e l’Italia, si fa notare dalla Commissione, ne ha già usufruito. Annunciare che le regole non saranno rispettate può tuttavia essere un elemento di preoccupazione per l’Ue e anche per i mercati.

Aggiornato il 02 settembre 2018 alle ore 11:14