Aumenta deficit 2017, Italia prima in Ue su evasione Iva

L’economia italiana è cresciuta più del previsto negli ultimi due anni. Ma anche le spese sono aumentate più velocemente, portando il deficit ad un livello superiore a quanto calcolato finora. Secondo gli ultimi aggiornamenti dell’Istat, lo scorso anno il Pil ha registrato un incoraggiante +1,6% (contro il +1,5% stimato ad aprile). Il deficit è diminuito rispetto al 2016 ma non quanto ci si aspettasse: il miglioramento è stato dal 2,5% del Pil al 2,4%, contro il 2,3% stimato questa primavera. Una differenza apparentemente poco significativa ma che, qualunque sia la decisione sul livello del deficit 2019 che il Governo vorrà inserire nella prossima Nota di aggiornamento al Def, rimescola le carte in tavola già da quest’anno, rendendo ancora più complesso lo sforzo per l’eventuale rispetto delle regole di finanza pubblica.

Nel Def di aprile, compilato a legislazione vigente, il Governo Gentiloni aveva previsto per quest’anno una correzione del deficit nominale dal 2,3% all’1,6% e dello strutturale dall’1,1% al 1,0%, rimandando il sostanziale pareggio di bilancio al 2020. La base di partenza è ora però il 2,4%, il che significa che anche il risultato di fine anno potrebbe cambiare, proiettandosi in modo quasi automatico nel 2019. Sciogliere la matassa toccherà ora ai tecnici del ministero dell’Economia, in attesa proprio gli ultimi dati dell’Istituto di statistica per limare le previsioni da inserire nella Nadef e fornire così al Governo e ai due partiti di maggioranza il quadro macroeconomico da cui necessariamente partire per le scelte politiche della prossima legge di bilancio. Se sul deficit la partita si complica, aver avuto più crescita nel 2017 potrebbe d’altra parte significare poter contare su un effetto statistico di trascinamento maggiore, quindi su qualche spinta in più nel 2018. Finora Giovanni Tria ha indicato per quest’anno una crescita del Pil all’1,2% (in netto rallentamento dunque rispetto all’1,6% misurato dall’Istat), ma molto si gioca ancora sugli arrotondamenti e sui decimali. La previsione del ministro coincide con quella di Fitch che ha rivisto al ribasso le sue stime sull’Italia, portandole proprio all’1,2% sia per il 2018 che per il 2019, calcolando una decisa frenata nel 2020 allo 0,9%.

Per quanto in modo appena accennato, è dal debito intanto che arriva un segnale positivo. Nel 2017 è diminuito per il terzo anno consecutivo, seppur lievemente, portandosi al 131,2% del Pil. In questo caso meglio del previsto, anche se secondo Carlo Cottarelli, sarebbe “interamente dovuto alla riduzione delle disponibilità liquide del Tesoro operata negli ultimi due mesi dell’anno”. L’obiettivo sarà comunque ora quello di fare del 2018 e del 2019 il quarto e il quinto anno di discesa, per dare una dimostrazione ai mercati e garantire la stabilità del Paese. Al di là dei numeri macroeconomici, dall’Istat emerge anche una fotografia delle famiglie italiane: lo scorso anno il loro potere d’acquisto ha frenato bruscamente, con un aumento di appena lo 0,5% contro l’1,2% dell’anno prima, ma la spesa sono continuate a crescere portando con sé una diminuzione della tendenza al risparmio tutta italica.

Tanto quanto una manovra di quasi 36 miliardi. È il valore dell’evasione dell’Iva in Italia nel 2016, il più alto in assoluto nei 28 e il terzo divario maggiore tra gettito previsto ed effettivamente riscosso, al 25,9%. Solo Romania e Grecia ‘frodano’ di più sull’Iva, con un ‘buco’ rispettivamente del 35,8% e del 29,2%.

È la fotografia scattata dall’ultimo rapporto annuale della Commissione Ue, e che conferma il trend dell’Italia degli ultimi anni. Dal 2012 al 2016 c’è stato un miglioramento ma appena del 3%, con un calo dal 29% a poco meno del 26%. Nel 2012, infatti, i miliardi non incassati sono stati 38,7, schizzati a 40,4 nel 2013, poi scesi di nuovo a 38,3 nel 2014, per arrivare al calo più sostanziale nel 2015 con 35,7 miliardi. Rispetto al 2015, dunque, l’Italia ha ugualmente fatto un piccolo passo in avanti, riducendo l’evasione dello 0,23% dal 26,13%, anche se in termini assoluti gli introiti persi dalle casse pubbliche nel 2016 sono stati leggermente superiori, 35,9 miliardi contro 35,7. Bruxelles segnala inoltre, tra i cambiamenti significativi avvenuti nell’anno che hanno avuto un impatto sull’ammontare della raccolta dell’Iva, la riduzione del tasso per gli e-book e i giornali online dal 22% al 4%.

Nel suo insieme, l’Ue ha registrato perdite di introiti sull’Iva per 147,1 miliardi di euro, in calo di 10,5 miliardi rispetto all’anno precedente con una riduzione del gap dello 0,9%, scendendo al 12,3% dal 13,2%. I Paesi Ue ‘virtuosi’ in cui l’evasione dell’Iva è la più bassa sono Lussemburgo (0,85%), Svezia (1,08%) e Croazia (1,15%). “Gli stati membri hanno migliorato la riscossione dell’Iva”, ma “una perdita di 150 miliardi di euro l’anno per i bilanci nazionali rimane inaccettabile, soprattutto quando 50 finiscono nelle tasche di criminali”, ha ammonito il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici, invitando i 28 ad adottare la riforma dell’Iva proposta un anno fa entro le elezioni europee.

Aggiornato il 21 settembre 2018 alle ore 20:04