Africa e Mediterraneo: orizzonti di sviluppo

L’Africa pur non apparendo come la nuova frontiera economica mondiale, offre grandi opportunità per la crescita del suo continente e del nostro. L’aumento della popolazione nelle zone rurali e urbane e la crescita di servizi e bisogni da parte dei cittadini dovrebbero far riflettere sulle prospettive per i prossimi decenni.

L’Unione europea e gli Stati del Mediterraneo sono sempre più interessati all’Africa a causa del suo potenziale in risorse naturali, le prospettive di crescita del mercato regionale e la sua riclassificazione geopolitica. L’approccio contemporaneo è legato ai termini di vulnerabilità, insicurezza e di pressione migratoria verso il continente europeo. L’Africa rappresenta, infatti, una grande sfida per l’Europa, non solo per i suoi mercati e le sue risorse, ma anche per i rischi legati alla sicurezza, all’ambiente e alla demografia che riguardano prioritariamente il Sahel, il Corno d’Africa e l’Africa centrale.

L’Europa soffre e la pressione dall’Africa può divenire un enorme problema se non si promuoverà la trasformazione dei rischi e delle sfide in opportunità. “L’esplosione demografica come un’evoluzione e non una bomba a tempo; la sfida dello stress idrico e dalla desertificazione, l’agricoltura e la green economy, le transizioni energetiche per fornire alle popolazioni emarginate micro unità solari, la sicurezza delle proprietà, la vulnerabilità dei territori e delle popolazioni emarginate promuovendo la decentralizzazione di capitale, di tecnologie e competenze”, ha ribadito Larabi Jaidi, professore di ricerca dell’Università Mohammed V di Rabat e presidente della Fondazione Abderrahim Bouabid, durante la Summer School su Mediterraneo e Medioriente della Lumsa Università di Roma.

Il secolo digitale e dei mercati promuove nuove prospettive di sviluppo per l’Africa. Impressionanti sono i tassi di crescita raggiunti nell’ultimo decennio. Le disparità di reddito che si perpetuano non dovrebbero farci dimenticare che ci sono grandi tendenze, movimenti di convergenza tra l’Africa e il resto del globo. Vale la pena ricordare che l’Africa, oggi, sta vivendo una crescita urbana molto dinamica, registrando record mondiali nell’aumento del numero di abitanti delle città. Tale “rivoluzione urbana” sta guidando e imponendo alle agente politiche nazionali e sovranazionali importanti necessità di progettualità di sviluppo che sia dinamico, veloce e sostenibile per il continente. Numerosi gli analisti e gli esperti che provano a comprendere come promuovere un piano di sviluppo infrastrutturale e di servizi per il continente nero. È stato notato che il basso impatto degli investimenti pubblici sull’occupazione diretta è una caratteristica piuttosto diffusa nei paesi emergenti, per molte ragioni.

Innanzitutto, alcuni investimenti sono socialmente o strategicamente importanti per la crescita economica, solo dopo periodi più lunghi. In secondo luogo, gli investimenti pubblici possono anche essere inefficaci, o perché non contribuiscono realmente all’accumulazione di capitale reale o perché il capitale creato non è adeguatamente distribuito per attività generatrici di reddito. “Un aumento degli investimenti pubblici nelle infrastrutture è accompagnato da un aumento della produzione, degli investimenti privati e dell’occupazione in un orizzonte temporale che segue lo shock della spesa”, ribadisce il professor Larabi Jaidi.

La risposta aggregata, produzione e occupazione, è al culmine da diversi trimestri dopo che l’economia mondiale ha subito uno shock di spesa, indicando che gli effetti a medio termine degli investimenti pubblici nelle infrastrutture dominano gli effetti a breve termine dell’aumento della domanda. Gli investimenti infrastrutturali sono essenziali nei settori economici e sociali che aprono le strade per lo sviluppo a lungo termine. La spesa pubblica per le infrastrutture è anche uno strumento efficace per creare posti di lavoro diretti e indiretti, ma, attualmente, è difficile da stimare. La progettualità di un programma di investimenti pubblici è segnato da scelte strategiche riguardanti programmi su larga scala: settori essenziali come strade e trasporti, infrastrutture portuali, aeroportuali e ferroviarie, infrastrutture idrauliche, energia, aree turistiche, zone industriali, zone franche commerciali, programmi per lo sviluppo e l’apertura di aree rurali, l’attuazione di una nuova politica di edilizia popolare, salute e istruzione.

E l’Italia in rapporto al continente africano? Il corno d’Africa e in particolare l’Etiopia ha assistito ad una crescita del prodotto interno lordo di circa dell’11 per cento. Il Sud Africa, tra i paesi più ricchi ed industrializzati del continente nero, cresce stabilmente del 3 per cento, Ghana e Nigeria anche. In un quadro di fermento per la crescita economica, è di vitale importanza non perdere il passo negli investimenti. Se da un lato l’Italia è tra i principali detentori e produttori mondiali di gas in Africa, dall’altro risulta essere estremamente statica sul piano degli investimenti. Nelle realtà subsahariane, Germania, Cina, Turchia, Francia, India e potenze economiche emergenti stanno instaurando partnership importanti e, escludendo eccellenti realtà imprenditoriali italiane nel sub Sahara, il rischio è di trovare competitors più dinamici e produttivi. Al di sotto del Sahara, i principali contributi del Made In Italy imprenditoriale provengono dal Sud Africa, da Lagos in Nigeria e da stati in forte crescita come Burkina Faso e Mali. Crescono, dunque, le possibilità per le nostre aziende di investire. Un approccio geopolitico e una nuova visione per l’Africa dovrebbero aiutare a comprendere tutti questi fattori e generare una nuova visione per la realtà allargata del Mediterraneo.

Aggiornato il 04 ottobre 2018 alle ore 11:57