Il futuro della diplomazia e dei trasporti marittimi visto dall’Artico

lunedì 29 ottobre 2018


La stabilità e il futuro dell’Artico diviene sempre più oggetto di discussione della diplomazia internazionale. Per Canada, Danimarca-Groenlandia, Norvegia, Russia e Stati Uniti ci sono diverse opportunità da analizzare e scrutare con attenzione, ma tutto ciò rappresenta anche una grande sfida in termini di sicurezza, energia e trasporti commerciali.

L’attualità geopolitica vede un protagonismo e probabili scontri futuri tra gli Usa e Pechino, piuttosto che con la Russia. I ghiacci continuano a sciogliersi aprendo un corridoio diretto per il commercio internazionale. La Cina guarda con interesse a Groenlandia e Islanda come hub commerciali e marittimi locali, investendo già nella costruzione di un centro di ricerca in Islanda, oltre a registrare un lavoro immenso dell’Ambasciata cinese in Islanda, e suggerendo un porto d’altura per il nord del Paese. Asia, Europa e America sono collegate nella zona da un nuovo mare, emerso nel giro di pochi anni come un’Atlantide d’acqua a causa del progressivo scioglimento dei ghiacci. Ma, i protagonisti nella vicenda iniziano a divenire tanti e variegati. Il ministro dell’Energia saudita Khalid Al-Falih ha annunciato al Forum indiano dell’energia a Delhi che l’Arabia Saudita, attraverso la controllata Saudi Aramco, è aperta all’idea di commercializzare gas naturale liquefatto prodotto dal progetto Russian Arctic Lng 2. “Aramco ha il mandato di diventare globale e di investire in gas e Gnl”, ha detto Al-Falih, secondo quanto riporta Oil price. “Abbiamo esaminato progetti in Africa e nel Mediterraneo, e naturalmente nell’Artico con alcune aziende russe come Novatek. L’idea è che Aramco commercializzi Gnl a livello globale esportandone una parte in India e una parte in altri mercati”.

La Russia e la Cina non si sono lasciate scappare l’opportunità di poter sfruttare questa parte del pianeta ed hanno costituito una partnership energetica, la Yamal Lng, controllata dalla russa Novateck al 50,1 per cento, e poi divisa tra la francese Total al 20%, la Chinese National Energy company al 20 per cento e il Fondo Via della Seta con il 9%, che mira a produrre 16.5 milioni di tonnellate di gas metano raffreddato entro il 2019. Il progetto prevede un finanziamento di 27miliardi di dollari in buona parte sovvenzionato dalle banche cinesi. Dei 16.5 milioni di tonnellate di gas metano raffreddato prodotto, 4.5 milioni andranno alla Cina. L’obiettivo della Russia è quello di eludere le sanzioni Usa e diventare leader nel mercato del gas naturale liquefatto e di avere il controllo del pedaggio delle navi che dall’Asia passano sulla rotta nordica per arrivare a Rotterdam. L’obiettivo della Cina è quello di migliorare la qualità del suo ambiente sostituendo il carbone. Il riscaldamento climatico e le nuove tecnologie con le quali sono state costruite navi cisterna e rompighiaccio, che non necessitano di scorta per affrontare il viaggio, rendono la rotta artica molto competitiva per l’abbattimento delle spese di trasporto.

A dicembre dello scorso anno la prima nave cisterna cinese ha caricato gas naturale liquido ed ha impiegato 15 giorni di viaggio per raggiungere la sua destinazione. Il costo giornaliero di una porta container varia dai 70 ai 120mila dollari, diminuendo i giorni di percorrenza di 10/15 giorni, i costi operativi diminuiscono di più di un milione di dollari a tratta. Già dal 2012 i cinesi avevano effettuano prove di navigazione su rotte alternative mostrando interesse per porti i porti nordici quali Klaipeda in Lituania e Kirkenes in Norvegia. Una partita aperta. In aggiunta la rotta nordica, di fatto è controllata dalla Russia, che nonostante il grande avvicinamento alla Cina contemporanea, resta sempre una potenza militare che potrebbe mettere in qualche modo a rischio gli approvvigionamenti.

Negli ultimi anni, le imprese cinesi hanno investito in diversi progetti in Groenlandia, tra cui una miniera di uranio nel sud della Groenlandia e una miniera di ferro vicino alla capitale, Nuuk. Questo tipo di investimento economico è stato visto come una spinta all’economia locale. Ma nel 2016, una società cinese ha tentato di acquistare una ex base militare statunitense, e il governo danese è intervenuto, ponendo il veto all’accordo. Oggi i danesi temono che la Cina possa acquisire un’influenza sufficiente ad allontanare la base militare statunitense di Thule, situata sul lato occidentale della Groenlandia, che ospita diverse risorse strategiche vitali per la difesa Usa.

Altra questione è il contenzioso tra Canada e Usa riguardante la delimitazione della piattaforma continentale nel Mare di Beaufort: i canadesi vorrebbero una demarcazione lungo la linea di settore del 141° di longitudine; gli statunitensi propendono, invece, per l’impiego del criterio della linea mediana. Intanto è notizia che la Danimarca vuole presentare alla Commissione Onu prove che vorrebbero la piattaforma continentale groenlandese collegata al Polo attraverso le dorsali sottomarine di Lomonosov e Mendeleev, che originerebbero dall’Arcipelago della Severnaya Zemlya.

Anche l’Italia gioca con la diplomazia e la ricerca alla “conquista” dell’Artico. Ricordiamo che già nel 2001 iniziarono i primi rifornimenti di gas all’Italia e oggetto di approfondimento scientifico è stato il giacimento di “Goliat”, a quasi cento chilometri al largo di Hammerfest. Per lo sfruttamento di tale giacimento Eni e Statoil hanno creato una innovativa piattaforma che immagazzina il greggio da travasare direttamente nelle navi cisterne dirette agli impianti di raffineria. L’impianto è definito come un’opera stupefacente di ingegneria contemporanea. Energia e tecnologia a basso impatto ambientale che ha permesso un rafforzamento delle relazioni tra Italia e Norvegia. Il futuro dell’Artico appare incerto e numerosi iniziano a divenire i protagonisti del futuro di tale zona geografica estremamente delicata per l’intero ecosistema del nostro pianeta.


di Domenico Letizia