Nove dottori di ricerca su dieci lavorano: in Italia c’è anche chi sembra essere immune alla crisi occupazionale, ma aumenta il numero dei cervelli in fuga dal Paese. Secondo l’Istat, che ha diffuso un report sull’inserimento professionale di questa categoria, nel 2018, a quattro anni dal conseguimento del titolo, lavora il 93,8% dei dottori di ricerca. Rispetto all’edizione precedente dell’indagine, condotta nel 2014 sui dottori di ricerca del 2008 e 2010, il tasso di occupazione a sei anni è sostanzialmente stabile mentre migliora del 2,3% quello a quattro anni. L’occupazione è elevata in tutte le aree disciplinari e in cima alla classifica ci sono i dottori dell’ingegneria industriale e dell’informazione (oltre il 96% lavora a quattro anni dal dottorato e oltre il 98% a sei anni) mentre in fondo, ma sempre con numeri molto alti, ci sono i dottori delle Scienze politiche e sociali.

A sei anni dal titolo, i dottori occupati percepiscono in media un reddito netto mensile di 1.789 euro. Ma anche qui lo stipendio varia a seconda delle aree disciplinari: da un minimo di 1.517 euro per i dottori in Scienze dell’antichità filologico-letterarie e storico-artistiche a un massimo di 2.400 euro per quelli delle Scienze mediche. I dottori di ricerca 2012 e 2014 che vivono all’estero sono il 17,2%, una percentuale superiore del 4,3% rispetto a quella registrata nel 2014. I Paesi verso cui è diretta la maggior parte dei dottori sono Stati Uniti, Regno Unito e Germania. A sei anni dal titolo il 24,1% degli occupati è impiegato nel settore dell’istruzione universitaria: tra questi, il 51,1% con un lavoro dipendente mentre il 36,6% è finanziato da assegni di ricerca. Un dottore su dieci lavora come professore o ricercatore universitario, ma fra coloro che vivono all’estero lo stesso rapporto è di un dottore su quattro. In aumento rispetto al passato la quota di occupati nel settore dell’istruzione non universitaria. Il 19,6% della categoria emigra prevalentemente verso il Nord-Italia. Al Sud, infatti, resta poco più di un dottore su due che lì viveva prima dell’università, per le Isole la stessa quota è pari al 63,7%, a fronte del 78,3% per la ripartizione del Nord-ovest. Da questo punto di vista, la maglia nera va a Basilicata e Calabria, che perdono più del 50% dei dottori.

Aggiornato il 30 maggio 2019 alle ore 17:57