L’Italia isolata

Ha ragione il ministro Matteo Salvini quando ricorda che il 2 per cento è solo un numero, e che bisogna guardare alla sostanza. Ed è proprio guardando alla sostanza, di cui i numeri sono una sintesi, che si comprende perché l’Unione europea sembri, nei nostri confronti, più ferma del solito, anche dopo la riunione dell’Eurogruppo di lunedì scorso. È già capitato che l’Italia ricevesse missive e moniti per tenere i conti in ordine, ma la dichiarazione di inaccettabilità del bilancio 2019 sembra, questa volta, accompagnarsi a un atteggiamento più rigido.

Guardando alla sostanza, l’Italia, negli ultimi mesi, ha fatto di tutto per essere più isolata e distante dalle economie degli altri Paesi europei. Come sintetizzato nella nota di aggiornamento n. 9 del Superindice Ibl, da vent’anni l’Italia, indipendentemente dai governi che ne avevano la guida politica, si è discostata in maniera ripetuta dal tentativo delle economie europee di convergere verso una crescita costante e stabile. Prendendo come indicatori il rapporto tra deficit e Pil, tra debito e Pil, il tasso di crescita del prodotto, il tasso di disoccupazione, il saldo dei conti correnti rispetto al prodotto, la nostra storia, rispetto ai partner dell’Ue e dell’Eurozona, è la storia di una classe politica che, pur cambiando continuamente, non ha saputo cambiare gli strumenti e i mezzi per farlo; è la storia di un elettorato che, pur desiderando il cambiamento, in realtà vuole che tutto resti come è, ognuno col proprio piccolo sussidio da difendere o pretendere.

Mentre gli Stati del Sud europea correggevano le proprie politiche di bilancio, mentre gli Stati in crisi di debiti sovrani aggiustavano i loro conti (vedi ancora il Superindice), l’Italia continuava a votare il cambiamento senza mai cambiare.

La manovra di bilancio è un po’ peggio del solito non solo per una questione di numeri, ma per il senso che porta con sé, allontanandoci sempre più con un ulteriore scatto di reni verso l’idea che le economie sono floride quando c’è produttività, e che non c’è produttività quando la spesa pubblica mangia più della metà delle risorse.

Il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia ha dichiarato che “la pazienza è quasi al limite”. Forse lo è anche quella degli altri Stati partner in Europa, non solo i virtuosi, ma soprattutto gli altri (Grecia, Portogallo, Spagna, Francia): quelli che, per non esserlo stati, in questi anni hanno corretto la rotta.

L’Italia è sola anche perché offre di sé una immagine instabile. Perché appare inaffidabile e imprevedibile. Perché è difficile comprendere dove voglia andare e con chi. Perché da un quarto di secolo cambia continuamente senza mai cambiare. E perché, esattamente per questo motivo, costituisce un problema per sé e per gli altri.

Aggiornato il 05 dicembre 2018 alle ore 15:34