Legge di bilancio, gli aumenti non restano immobili

Il blocco degli aumenti viene eliminato. E la maggiorazione Imu-Tasi viene invece prorogata. È il trattamento, in sintesi, che la manovra di bilancio del Governo (nella sua ultima, e ormai definitiva, versione) riserva a case e stabilimenti.

Finora, dunque, esisteva – ed era in vigore – una norma che impediva che leggi regionali e delibere degli enti locali potessero aumentare tributi ed addizionali rispetto al livello del 2015. Ora, questo blocco viene eliminato. L’addizionale Irpef regionale potrà arrivare al 3,3 per cento, l’addizionale comunale allo 0,8% e l’Imu-Tasi al 10,6 per mille. L’aumento riguarderà l’imposizione patrimoniale che colpisce le abitazioni principali delle categorie catastali A1, A8 e A9 (che ancora pagano, a differenza delle altre abitazioni principali), le abitazioni date in affitto e quelle date in comodato, così come le case di villeggiatura, i locali commerciali, gli uffici, i capannoni industriali. È facile prevedere un aumento generalizzato. Che finora è passato inosservato perché è un via libera agli aumenti, col trucco: nella finanziaria non c’è nessuna frase che faccia capire che si elimina il blocco degli aumenti.

Come si autorizzano questi aumenti (che si avranno senz’altro, si capisce bene), altrettanto si proroga la possibilità per tutta una serie di Comuni di deliberare una maggiorazione della Tasi dello 0,8 per mille per l’anno prossimo e per il 2020. Si tratta di una ulteriore maggiorazione che permetterà di raggiungere la misura dell’11,4 rispetto al limite ordinario del 10,6, senza neppure la condizione – che una volta c’era – che da essa vengano finanziate, relativamente all’abitazione principale ed equiparate, “detrazioni d’imposta o altre misure tali da generare effetti sul carico d’imposta Tasi equivalenti o inferiori a quelli determinatisi con riferimento all’Imu relativamente alla stessa tipologia di immobili”.

In sostanza: 1) si dimostra ancora una volta che nella confusione di tributi e aliquote ci guadagna solo il fisco: il cittadino riesce a capirlo solo quando paga e mette in fila cosa paga adesso e cosa pagava prima. La colpa, dal canto suo, diventa di tutti e quindi di nessuno. Ma questo gioco la gente l’ha ora capito; 2) l’imposizione patrimoniale sugli immobili (pari a 21 miliardi di euro all’anno) viene ulteriormente gravata rispetto a quest’anno, a più titoli e addirittura anche sforando i limiti ordinari di legge.

La lezione è vecchia ed è che le imposte, una volta istituite o aumentate, nessuno le cancella o diminuisce più (se non con manifestazioni sceniche e basta). Gli estimi catastali li hanno aumentati Romano Prodi e Mario Monti, ma i governi che sono venuti dopo gli scandalosi aumenti del governo presieduto da quest’ultimo, non si sono mai sognati di toccarli. Ora, questo governo riesce persino ad aumentare le imposte a doppio titolo, tenendo fermi gli ultimi estimi spropositati di Monti e mettendoci anche del proprio.

Anzi, c’è di più: per la cedolare sugli immobili commerciali non solo la si concede esclusivamente solo per il futuro (e non ai contratti d’affitto già in essere), ma si concede solo per un anno. La nuova norma di legge prevede che si potrà applicare ai soli contratti stipulati “nel” 2019. “Nel”, attenzione; non, “dal”. Una solenne presa in giro (per non usare un’espressione più colorita). E colpendo ancora una volta milioni e milioni di italiani che hanno investito i loro risparmi in immobili, si vorrebbe poi che tornasse la fiducia? Se si aggiunge, ancora, che la tassa rifiuti anche quest’anno potrà essere diminuita (ma chi ci crede?) o aumentata, c’è davvero da emigrare. Solo che gli immobili non ci si possono portar dietro, e lo Stato si rifiuta di riceverli anche in donazione.

Aggiornato il 02 gennaio 2019 alle ore 11:31