Fmi vede ancora la recessione in Italia, sale lo spread

Nell’incertezza per la direzione dell’economia globale - fra rischi di una recessione americana e speranze di un rallentamento temporaneo - l’Italia soffre più degli altri. La recessione iniziata nel terzo trimestre 2018 rischia di essere ancora in corso, mentre dalla Germania, che procede con crescita zero, mostra qualche segnale di vitalità.

A lanciare l’allarme di una crescita negativa anche nel periodo gennaio-marzo, che prolungherebbe la recessione tecnica iniziata la scorsa estate, è il Fondo monetario internazionale. Secondo il vicedirettore generale, David Lipton, “evidenti vulnerabilità” hanno lasciato l’Italia impreparata a fronte dei rischi che gravano sulla Ue, dal rallentamento della crescita all’impatto del protezionismo e della Brexit. Rischia anche Germania, che ha evitato per un soffio la recessione con crescita zero nell’ultimo trimestre 2018 dopo il -0,2% nel periodo luglio-settembre. Dai dati di oggi - un indice di fiducia delle imprese Ifo rimbalzato a sorpresa a marzo a 99,6 da 98,5 - arriva qualche segnale di speranza. Di certo, per i mercati è il momento di stare all’erta, dopo la doccia fredda di venerdì, quando l’inversione della curva dei rendimenti Usa ha ufficializzato le attese per una recessione quasi imminente (in molti la collocano nel 2020, quando scadrà lo stimolo fiscale di Trump).

Le Borse asiatiche chiudono in profondo rosso (-3% Tokyo, -1% Shanghai), quelle europee in lieve calo di pari passo con le quotazioni a Wall Street. E tornano a soffrire i Btp italiani, con uno spread tornato sopra 250 (253) nonostante la fuga degli investitori dall’azionario per rifugiarsi nei titoli di Stato, con il Bund saldamente sotto zero di rendimento, compratissimo vista l’incertezza alle stelle sulla crescita, globale e della stessa Germania. È la fotografia, assai sfocata, di un momento di grande incertezza per l’economia mondiale. Con la Cina in uno stato di salute malferma che nessuno è in grado di misurare veramente, ma che emerge di tanto in tanto con ricadute negative come la ‘botta’ all’export tedesco. Con il negoziato per porre fine alla ‘guerra dei dazi’ fra Washington e Pechino che pende come una Spada di Damocle su ogni attesa di miglioramento dell’economia globale. E il rischio-Brexit ancora sul tavolo, nonostante le speranze riaccese di un accordo che, però, nessuno si sente di dare per scontato. Tutti continuano a guardare alle banche centrali, con un intervento del presidente della Bce Mario Draghi mercoledì mattina e numerosi altri appuntamenti della Bce questa settimana. E cade, inevitabilmente, nel vuoto l’appello di Lipton del Fmi a un’Europa più ‘politica’ che metta in campo strumenti di bilancio perché le banche centrali hanno scarso o nessun margine di manovra per interventi di stimolo.

Aggiornato il 26 marzo 2019 alle ore 11:39