Sul Prodotto interno lordo, lucciole e lanterne

L’interpretazione del dato sul Prodotto interno lordo nel primo trimestre 2019 è, per così dire, double face: un colpo di fortuna per la maggioranza, una bastonata per le opposizioni.

Secondo le stime pubblicate dall’Istat, il Pil del primo trimestre è aumentato dello 0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e dello 0,1 per cento tendenziale. Non c’è da festeggiare, tuttavia è importante che si sia passati in territorio positivo dopo due consecutivi trimestri negativi che hanno determinato l’entrata in recessione tecnica dell’economia italiana. Di chi il merito? Di nessuno in particolare. L’Istat segnala un complessivo incremento di tutti i comparti trainanti il sistema produttivo del Paese. Segno più in agricoltura, silvicoltura e pesca, così come nei servizi. Poi c’è la sorpresa della manifattura industriale che cresce nonostante l’ennesimo calo della produzione dell’auto che è la vera palla al piede del sistema-Italia. Parlare di ripresa agganciata è prematuro. Al momento si tratta solo di segnali positivi giacché la scossa non è venuta dal mercato interno, in cui i consumi restano al palo, ma dalla ripresa globale che trascina l’export italiano. La comparazione con i dati degli anni precedenti colloca il +0,2 per cento odierno a livello del risultato conseguito nel primo trimestre 2016, in un periodo nel quale lo stato dell’economia globale godeva di miglior salute. In termini assoluti, il dato aggregato della ricchezza nazionale, stimato a 404.077 milioni di euro nel primo trimestre dell’anno, recupera, superandolo, il picco raggiunto nel secondo trimestre 2018 che è stato di 404.028 milioni di euro.

Oltre al Pil, l’Istat segnala un incremento degli occupati a marzo di 60mila unità rispetto a febbraio (+0,3%), con un tasso di occupazione che sale al 58,9 per cento (+0,2%). La crescita riguarda i dipendenti permanenti (+44mila) e gli indipendenti (+14mila), stabili invece gli occupati a tempo determinato. La stima su base annua è di +144mila unità. Il dato saliente è che l’aumento degli occupati “si accompagna al calo dei disoccupati (-7,3%, pari a -208mila unità) e degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-0,3%, -35mila)”. Questa la realtà. Poi c’è la lettura che ne dà la politica. Non vi è dubbio che Lega e Cinque Stelle siano fortunati. Non era loro la colpa del calo del secondo semestre dello scorso anno e non è loro il merito della mini-ripresa del primo trimestre 2019. Tuttavia, il risultato con il segno più gli consente di comprare tempo in attesa che dispieghino effetti i provvedimenti bandiera che i giallo-blu hanno voluto introdurre nella finanziaria 2019. Lo abbiamo scritto in tempi non sospetti che, per giudicare imparzialmente l’operato dell’attuale Governo, si dovesse attendere almeno il terzo trimestre dell’anno, quello nel quale dovrebbero cominciare a produrre risultati la spinta ai consumi indotta artificialmente dal Reddito di cittadinanza e il rilancio degli investimenti sostenuto dai Decreti sulla crescita e sullo sblocca-cantieri. Per la valutazione d’impatto della cosiddetta “Quota 100” bisognerà attendere il prossimo anno. Sul fronte delle opposizioni, al contrario, va registrato il fallimento della tattica, adottata sia a sinistra dal Partito democratico sia al centro da Forza Italia, interamente focalizzata alla critica distruttiva dell’azione di Governo e al catastrofismo nelle previsioni circa il futuro dell’economia nazionale e, per caduta, dei conti pubblici dell’Italia.

Ad oggi, il merito di credito sui titoli del nostro Debito sovrano si mantiene stabile; il temuto differenziale di rendimento dei Btp decennali rispetto ai titoli tedeschi tutto sommato resta entro i limiti di sostenibilità, considerando l’inarrivabile performance dei Bund che stazionano da mesi in rendimenti negativi (Ieri in chiusura mercati Bund 10Y -0,0270); riguardo agli andamenti degli indici di borsa, il primo trimestre 2019 ha segnato un progresso del FtseMib del 16,2 per cento, con una contrazione della volatilità registrata nel periodo gennaio-febbraio, trend positivo confermato nel mese di aprile con un +2,8 per cento. Capirete bene che non siamo in presenza di numeri da default. È stato, dunque, un errore marchiano quello delle opposizioni di scommettere sul crollo a breve termine del Paese, pronosticare bocciature inappellabili dai mercati finanziari, dagli organismi economici internazionali e dalle agenzie di rating; parlare di spread fuori controllo e di “Troike” pronte a sbarcare sui patrii lidi per commissariare un Paese sepolto sotto le macerie provocate dalla follia dei giallo-blu. È stato un azzardo da cui consegue che, ove le previsioni catastrofiche non si realizzassero, l’opinione pubblica sarebbe legittimata a sospettare le opposizioni parlamentari di disfattismo per sole ragioni egoistiche di profitto elettorale. Che non è propriamente una bella cosa da pensare di chi, per statuto, dovrebbe concorrere a fare il bene del Paese. La verità è che la politica ha smarrito il senso critico costruttivo.

Con l’approssimarsi dell’apertura delle urne per le europee, l’aver intimamente sperato che le cose andassero male per gli italiani pur di avere argomenti per attaccare il Governo e la sua maggioranza potrebbe rivelarsi un boomerang. Ora, il dato Istat non deve autorizzare leghisti e grillini a cantare vittoria. Dovrebbe invece consigliare alle opposizioni un ripensamento delle strategie d’approccio allo scontro politico, dentro e fuori le aule parlamentari. Purtroppo, sappiamo bene che tale consiglio rimarrà inascoltato, perché in politica funziona così: se non ci si sbatte prima il grugno, non ci si rende conto della realtà.

Aggiornato il 03 maggio 2019 alle ore 11:57