Made in Italy cerca talenti, 236mila posti entro il 2023

giovedì 30 maggio 2019


I cinque settori che più rappresentano il Made in Italy nel mondo - moda, design, alimentare, automotive e ospitalità - avverto: nei prossimi cinque anni avranno bisogno di coprire 236mila nuovi posti di lavoro. Cercano soprattutto profili tecnici, ma la loro paura è quella di non riuscire a trovarli e di rischiare così un indebolimento della filiera industriale. I numeri sono di Altagamma, la fondazione a cui fanno capo alcune delle migliori imprese dell’alta industria culturale e creativa, quelle che promuovono nel mondo lo stile di vita italiano.

A fronte di un mercato “in crescita costante del 5 per cento a livello mondiale, la prima risorsa - quella dei talenti - è in progressiva decrescita: le industrie segnalano infatti una preoccupante difficoltà a reperirli”, fa notare il presidente di Altagamma, Andrea Illy, sottolineando che ben il 70% dei profili di cui avranno bisogno queste imprese, da oggi al 2023, sono di tipo tecnico-professionale. Il settore manifatturiero che fra cinque anni avrà più bisogno di personale - secondo le stime di Altagamma su dati Unioncamere - sarà quello dell’automotive con 89.400 richieste, seguito dall’alimentare con 49mila profili ricercati, dalla moda a cui ne serviranno 46.400, da quello dell’ospitalità con 33.220 e infine del design con 18.300. Gli iscritti agli istituti tecnici superiori italiani però “sono 10mila, un numero davvero esiguo se paragonato agli allievi degli equivalenti tedeschi, Fachhochschule, che arrivano a 880mila, e a quelli francesi che rilasciano il Bts (Brevet de Technicien Supérieur) e attraggono 240mila studenti” avverte Altagamma spiegando che le ragioni di questa situazione “sono complesse e richiedono un’analisi sistemica” ecco perché la fondazione lancia al governo l’idea di istituire un tavolo di confronto sulla formazione.

Dal canto suo, il ministro dei Beni e delle attività culturali, Aberto Bonisoli, fa sapere subito che il suo dicastero si sta occupando “con grande impegno” di parlare a ragazzi e famiglie “per incentivare la scelta di professioni tecniche e restituire a questi mestieri il valore e la reputazione che meritano”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il viceministro allo Sviluppo economico, Dario Galli, secondo il quale “bisognerebbe avvicinare il più possibile scuole e imprese”, ma anche compiere un’azione importante sulle famiglie, “per far capire che ci sono professioni, come quelle tecniche, che una volta potevano essere immaginate di serie B”, ma ora non più.


di Redazione