Cosa possiamo ottenere subito dalla Unione europea

Senza dubbio la rivisitazione del Patto di Stabilità rappresenta un obiettivo pregevole ma non possiamo non ricordare che trattasi di un obiettivo non raggiungibile in un breve arco temporale, mentre c’è un altro obiettivo che inseguiamo da tanti anni ed è relativo alla “golden rule”, un obiettivo, che come ho ricordato in un mio precedente blog, è una regola di bilancio secondo la quale gli investimenti pubblici possono essere scorporati dal computo del deficit ai fini del rispetto del patto di stabilità fra gli Stati membri dell’Unione europea e finanziati con il ricorso a quote crescenti di flessibilità. Una simile proposta potrebbe essere sottoposta alla prima riunione del Consiglio Economia e Finanza (Ecofin) della Unione europea e, se condiviso, diventare operativo. Nel semestre di presidenza italiana della Unione europea nel 2014, in particolare, nel Consiglio dei Ministri dei Trasporti, fu avanzata e condivisa una simile proposta e nella riunione del dicembre 2014 il Consiglio Economia e Finanza prese visione di una simile proposta ma ritenne opportuno approfondirla anche perché, come già esposto dallo stesso Consiglio in altre precedenti riunioni, si nutrivano seri dubbi sulla certezza che tali investimenti sarebbero stati utilizzati per opere realmente legate ad un interesse comunitario. Ebbene, questa osservazione, questa preoccupazione, a mio avviso, impone da parte dell’attuale Governo un adeguato approfondimento in modo da annullare simili perplessità. Occorre cioè motivare per ogni singolo intervento lo stretto interesse diretto ed indiretto non solo dello Stato italiano ma di altri Paesi della Unione e quindi della essenzialità dell’opera e, al tempo stesso, della forte anomalia nel far gravare tale onere solo sul bilancio dello Stato italiano. Affrontiamo questo approfondimento non tenendo conto di quanto già speso e realizzato ma di quanto in corso di progettazione o di realizzazione e limitandoci solo agli interventi sugli assi e non sui nodi metropolitani e logistici (porti, interporti ed aeroporti).

  1. Iniziamo con le risorse garantite dallo Stato Italiano e relative alle tratte ferroviarie ad Alta Velocità Torino-Lione, Brescia-Verona-Padova e dell’adeguamento funzionale della tratta ferroviaria Venezia-Trieste. Queste opere sono tutte ubicate sul Corridoio Mediterraneo delle Reti Ten–T, su quel Corridoio che, a tutti gli effetti, si configura come la spina dorsale dell’intera Unione e consente una fluidità, soprattutto nella movimentazione delle merci, dal porto di Algesiras al nodo intermodale di Kiev. Un corridoio che attraversa ambiti territoriali con all’interno indicatori economici determinanti per la crescita della intera Unione europea. Un Corridoio in cui si movimenta circa il 30 per cento della intera movimentazione della Unione e in cui sono ubicati sette dei più grandi impianti interportuali, di cui tre in Italia (Orbassano, Quadrante Europa a Verona e Padova). Ebbene, su tale asse l’Italia ha programmato e garantito risorse, solo per interventi ferroviari, pari a circa 14 miliardi di euro.
  2. Altro Corridoio chiave è il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo(Helsinki-La Valletta). Un Corridoio che si estende dal confine russo-finlandese e dai porti finlandesi di Hamina Kotka, Helsinki fino a Stoccolma, attraverso “un’autostrada del mare”, e attraversa la Svezia meridionale, la Danimarca, la Germania (collegamenti con i porti di Brema, Amburgo e Rostock), l’Austria occidentale e poi, attraverso il valico del Brennero, entra in Italia e attraversa longitudinalmente l’intero Paese consentendo interazioni funzionali con gli interporti di Verona, di Bologna, di Nola Marcianise e con i porti di Napoli, Gioia Tauro, Bari, Catania e Palermo. Un Corridoio che collega gli ambiti più settentrionali con quelli più meridionali della Unione europea e su cui si movimenta oltre il 25 per cento della intera movimentazione comunitaria. Su tale Asse l’Italia ha programmato e garantito risorse, solo per interventi ferroviari, pari a circa 17 miliardi di euro.
  3. Il Corridoio Baltico-Adriatico, poi, si estende dai porti polacchi di Gdansk e Gdynia e da Szczecin e da Swinoujscie e, passando attraverso la Repubblica Ceca o la Slovacchia e l’Austria orientale, raggiunge il porto sloveno di Capodistria e i porti italiani di Trieste, Venezia e Ravenna. Il corridoio comprende ferrovie, strade, aeroporti, porti e terminali ferroviario-stradali. I progetti principali sono la galleria di base del Semmering e la linea ferroviaria del Koralm (Graz-Klagenfurt) in Austria. Anche su tale asse gli impegni dello Stato italiano, soprattutto negli accessi viari e ferroviari agli impianti portuali, supera i 3 miliardi di euro
  4. Il Corridoio Reno-Alpi: collega i porti del Mare del Nord di Anversa, Rotterdam e Amsterdam e il porto italiano di Genova attraversando la valle del Reno, Basilea e Milano. Il corridoio comprende ferrovie, strade, aeroporti, porti, terminali ferroviario-stradali e il Reno come via navigabile interna. È senza dubbio il corridoio più rivoluzionario per l’assetto logistico dell’intero sistema comunitario in quanto collega il mare del Nord con il mare Mediterraneo e fa interagire funzionalmente due grandi sistemi portuali (quello del Mare del Nord e quello del sistema ligure-toscano) esaltando al massimo i margini di convenienza di ambiti europei in cui i rispettivi Pil raggiungono le soglie più alte della Unione. L’Italia sta garantendo le risorse per la realizzazione dell’asse ferroviario relativo al collegamento Genova-Milano (Terzo Valico dei Giovi) e per le opere di accesso agli impianti portuali di Savona circa 8 miliardi di euro

L’Italia, quindi, si fa carico di circa 42 miliardi di euro per realizzare infrastrutture che rendono funzionale la logistica di oltre la metà dei Paesi della intera Comunità e qualora queste iniziative infrastrutturali all’interno del nostro Paese non venissero portate a termine si produrrebbero veri “trombi” all’intero sistema logistico non dell’Italia ma dell’intera Unione europea.

Il Consiglio Economia e Finanza (Ecofin) incarichi la Bei (organismo che ha seguito la formazione programmatica delle Reti Ten–T) di verificare la coerenza tra le opere in corso di realizzazione nel nostro Paese e l’impianto delle Reti Ten–T. Appare evidente che una simile verifica non potrà che confermare la forza e la incisività prettamente comunitarie di tali interventi e il nostro Paese potrebbe così, finalmente, contare, dopo quindici anni (la proposta di un ricorso alla Golden Rule fu avanzata la prima volta dal nostro Paese nel 2004), sulla possibilità di scorporare dal computo del deficit un volano davvero rilevante pari ad oltre 40 miliardi di euro.

Trovo solo strano che dopo il dicembre del 2014, dopo la proposta fatta come dicevo all’inizio in occasione del semestre di presidenza italiana della Unione europea, non si sia fatto nulla, non si sia insistito ribadendo quanto in modo banale ho tentato di riportare. Mi chiedo come mai e perché i Governi Renzi, Gentiloni e Conte non abbiamo cercato di difendere una linea che penso sia vincente. Fortunatamente il Presidente della Repubblica Mattarella ha riproposto l’attenzione sul Patto di Stabilità, speriamo che non cada nel nulla come è avvenuto negli ultimi cinque anni.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 11 settembre 2019 alle ore 16:26