Per favore non ripetiamo ai cittadini del Sud del Paese le stesse promesse, gli stessi slogan che in passato quelli della mia generazione tentarono di fare imitando o tentando di imitare gli ideatori di una politica e di una strategia del Mezzogiorno. Mi riferisco ai padri dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno come Donato Menichella, a Pasquale Saraceno, a Gabriele Pescatore, a Giulio Pastore. Dal dopoguerra ad oggi abbiamo promesso tanto ma gli indicatori macro economici purtroppo sono rimasti sempre gli stessi. La scossa alla stasi è stata data solo nel 2001 con il Programma delle Infrastrutture Strategiche e il vero quadro programmatico a scala comunitaria il Mezzogiorno l’ha vissuta nel 2004 prima e nel 2013 dopo con la definizione delle Reti Ten-T. Non ci sono piani da disegnare, ma solo programmi da attuare.

Sarebbe bastato che un consigliere del presidente Giuseppe Conte avesse sottoposto alla sua attenzione l’elenco delle opere inserite nel Programma delle Infrastrutture Strategiche supportato dalla legge 443/2001 e approvato dal Cipe e quelle nel Programma delle Reti Ten-T sia nella edizione del 2004 che del 2013. Ebbene, il presidente avrebbe potuto così apprendere che tutte le opere capaci di infrastrutturare in modo organico il Mezzogiorno di Italia erano non solo inserite in tale programma ma, escluso il Ponte sullo Stretto, erano state tutte trasformate in elaborati progettuali definitivi (nel 2001 erano solo intuizioni progettuali) per oltre l’80 per cento, erano state approvate dal Cipe, erano state supportate da adeguate risorse, alcune erano in costruzione e altre già realizzate. Faccio solo alcuni esempi elencando quelle che per rilevanza e dimensione possono considerarsi opere chiavi dell’intero impianto logistico del Sud del Paese:

Opere stradali:

Superstrada Olbia-Sassari, autostrada Salerno-Reggio Calabria, Strada statale 106 Jonica, autostrada Benevento Caianello, autostrada Palermo-Messina, autostrada Catania-Siracusa, superstrada Agrigento-Caltanissetta, superstrada Maglie-Santa Maria di Leuca.

Opere ferroviarie:

Asse ferroviario AV/AC Napoli-Bari, nodo ferroviario di Bari, Asse ferroviario AV/AC Palermo-Catania, Nodo ferroviario di Palermo.

Sistemi metropolitani:

Metropolitana di Napoli, Metropolitana di Palermo, Metropolitana di Catania.

In questo elenco manca il Ponte sullo Stretto di Messina perché, pur se approvato progettualmente, pur se aggiudicato, nel 2011 con apposita Legge è stato annullato.

Questo quadro progettuale è stato supportato da apposite risorse finanziarie; fino al 2001, pur se un apposito strumento normativo imponeva una quota da destinare al Sud pari al 30 per cento delle risorse annualmente destinate alla infrastrutturazione del Paese, il valore globale non aveva mai superato la quota del 10-12 per cento. Solo dopo il 2002 le risorse assegnate al Sud, non solo hanno rispettato tale percentuale, ma, in alcuni anni, l’hanno anche superata. Dal 2002 ad oggi degli oltre 110 miliardi di euro, assegnati per opere previste dal Programma delle Infrastrutture Strategiche, sono stati assegnati al Sud circa 40 miliardi di euro. Se fosse rimasto il Ponte sullo Stretto di Messina la percentuale addirittura avrebbe quasi raggiunto il 50 per cento.

Il presidente Conte avrebbe portato un valido contributo alle azioni strategiche da attuare nel Mezzogiorno se avesse ricordato e denunciato, invece, le negatività e le inerzie che dal 2002 ad oggi hanno caratterizzato l’intero processo attuativo della Legge Obiettivo: la non contestualità degli interventi e la elevata lungaggine dei processi realizzativi. In merito alla mancanza di una corretta contestualità ritengo utile ricordare che in realtà la partenza disgiunta di opere o l’avanzamento per lotti di assi stradali o ferroviari ha reso spesso inefficace l’effetto determinante di alcuni interventi.

Ancora più grave la lentezza realizzativa causata sia da strumenti burocratici inadeguati come i Decreti legislativi 50/2016 e 56/2017 (Codice Appalti), sia da carenze finanziarie esplose, in modo particolare, nell’ultimo quinquennio. Invece un discorso a parte, sempre per le azioni da attivare nel Mezzogiorno, va fatto per il prolungamento dell’alta velocità ferroviaria nel Mezzogiorno. Per la Puglia l’intervento in corso sulla Napoli-Bari e le opere previste sul nodo di Bari e gli adeguamenti sulla tratta Bari-Lecce e Bari-Taranto assicurano un valido collegamento veloce con la parte orientale del Mezzogiorno, invece il prolungamento dell’alta velocità ferroviaria da Salerno in poi impone un adeguato approfondimento. Dobbiamo, in fondo, chiederci se ha senso prolungare un servizio ad alta velocità con investimenti molto onerosi per fermarsi poi a Reggio Calabria senza una continuità funzionale fino a Catania e fino a Palermo. Il Commissario della Unione europea, Karel Van Miert, in occasione dell’inserimento del Ponte all’interno del Programma delle Reti Ten-T, rispondendo all’attacco di un parlamentare europeo della Regione Sicilia contrario all’inserimento dell’opera, disse: “Abbiamo collegato, con un ponte lungo 21 km, Malmö con Copenaghen. Cioè abbiamo collegato la Svezia con la Danimarca due Paesi di 4 e 6 milioni di abitanti e rimaniamo fermi e incapaci di fronte alla realizzazione di un collegamento stabile di soli 3 chilometri che unisce una realtà territoriale di 6 milioni di abitanti con una di 54 milioni”.

Senza il ponte la dorsale tirrenica dell’Alta velocità in realtà diventa discutibile. Quindi, alla luce di queste considerazioni, avrei preferito apprendere dal Presidente Conte un pieno convincimento a dare concreta attuazione alle opere già approvate dal Cipe, a quelle in corso di realizzazione con tempi non coerenti con un convinto rilancio e riassetto del territorio meridionale. Infatti, che senso ha aspettare, ad esempio, il completamento delle opere ferroviarie prima richiamate fra sei-sette anni, che senso ha non avere certezza dell’avvio delle opere già approvate dal Cipe e ancora non appaltate o di quelle già affidate ma con cronoprogrammi lenti o, come nel caso della strada statale 106 Jonica, ancora incerti. Sicuramente l’impegno più utile per dichiarare davvero un interesse concreto e misurabile da parte del Premier Giuseppe Conte nei confronti del Sud sarebbe stato quello del completamento entro l’attuale Legislatura delle opere programmate in corso di avanzata progettazione o già approvate o in corso di realizzazione.

Dopo 50 anni di Piani straordinari l’incidenza delle Regioni del Mezzogiorno nella formazione del Prodotto interno lordo è passato dal 18 al 21 per cento e il Pil pro capite medio è passato da 15mila a 18mila euro (quello del centro nord si attesta su un valore di 32mila euro). Basterebbero questi ultimi dati per convincersi che non occorrono più Piani straordinari ma solo convinta volontà a realizzare in tempi certi ciò che già è stato programmato e deciso.

Unico vero impegno è fare presto se si vuole la crescita non solo del Mezzogiorno ma del Paese.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 24 settembre 2019 alle ore 11:49