Figli e figliastri

venerdì 27 marzo 2020


Non deve essere facile scrivere un provvedimento d’urgenza in giorni concitati e nel panico generale che attanaglia il Paese, ma ciò non toglie che non vada fatto con ancor più accortezza che in condizioni ordinarie.

Il cosiddetto “Cura Italia” è un decreto che mostra tutta l’impotenza finanziaria di un Paese in chiaro debito d’ossigeno che non riesce a dettare regole generali per tutte le categorie di individui e contribuenti, neanche in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo.

Ad esempio, si sospende il pagamento delle ritenute sul lavoro dipendente e assimilato, ma ci si dimentica di quelle sul lavoro autonomo grazie al cui supporto molte aziende di più piccola dimensione portano avanti la baracca. Si costringe il contribuente a mille letture e interpretazioni per capire chi paga e chi no, sulla base di elenchi di attività che si presume saranno più colpite dalle chiusure, come se il blocco dell’economia a cui stiamo assistendo possa risparmiare qualcuno.

Resta comunque, sullo sfondo, una concezione complessiva dei rapporti di lavoro e della struttura economica del Paese nella quale ad avere necessità di essere protetti e garantiti sono sempre e comunque i lavoratori dipendenti, ancora di più se operanti nel pubblico.

Agli autonomi e alle imprese vengono concesse sospensioni di versamenti e adempimenti di breve respiro e all’Agenzia delle entrate due anni in più per gli accertamenti sull’annualità in scadenza, perché si sa, per ora all’Agenzia delle entrate non si può lavorare mentre il commercialista ha già dovuto trascorrere più di qualche giorno in studio (a casa) a leggere, capire e interpretare nel ginepraio di eccezioni e mancanze, per dare risposta ai propri clienti. Non si potrà licenziare, si estende la cassa integrazione, ma agli autonomi senza cassa si lascia la probabile lotteria del click day per una elemosina mensile mal congegnata e senza molto fondamento. I danni per gli autonomi e i professionisti purtroppo arriveranno dopo e saranno tanto più gravi quanto più lunga sarà l’apnea imposta a un sistema economico già piagato da uno stato predatore e da una produttività stagnante.

Quale migliore occasione di una crisi così per sentirci tutti sulla stessa barca? Tutti uguali nella difficoltà? E invece ancora una volta lo stato ci ha ricordato che, nonostante i proclami: “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”.


di Istituto Bruno Leoni