Nuove crepe nell’edificio europeo

mercoledì 20 maggio 2020


Con una sentenza inattesa esplosiva emanata il 5 maggio scorso, la Corte costituzionale federale tedesca con sede a Karlsruhe ha inferto un duro colpo all’ordinamento giuridico dell’Ue e alla sua politica economica avviando un processo che, in teoria, potrebbe culminare nel disfacimento dell’Unione economica e monetaria europea. La sentenza di ben 110 pagine stabilisce che, dopo un periodo transitorio di non più di tre mesi, la Bundesbank non potrà più partecipare al programma di acquisto del settore pubblico (il cosiddetto Quantitative easing), a meno che la Ue e la Banca centrale europea non dimostrino di aver esercitato solo poteri specificamente concessi dagli Stati membri e non Ultra vires, cioè al di là della propria capacità o autorità giuridica e quindi incostituzionali.

Il Tribunale tedesco mette in dubbio la legalità dei piani di acquisto dei titoli pubblici e privati ma non contestando alla Bce e Ue di avere violato l’art 123 del Trattato dell’Unione europea che vieta il salvataggio degli stati membri attraverso il finanziamento dei loro disavanzi e neppure contesta il programma di acquisto di emergenza pandemica. Contesta invece l’inosservanza del “principio di proporzionalità” in base al quale le istituzioni comunitarie sarebbero andate ben al di là della loro autorità legale ignorando completamente gli effetti di politica economica del programma stesso, sugli interessi di tutte le parti, il che equivale a una violazione dei trattati europei. Ad esempio, hanno tenuto conto degli effetti non solo sui bilanci e sui tassi di interesse delle banche, ma anche su quelli delle imprese, sui fondi pensione e assicurativi e quindi potenzialmente su tutti i risparmiatori e sui loro standard di vita?

La sentenza ha un antefatto significativo. All’epoca della crisi del debito, quando cominciò il salvataggio dei paesi del Sud europeo, 1.700 tedeschi intentarono una causa legale al Cda della Bundesbank sostenendo che la banca, iniettando liquidità nel sistema per conto della Bce, avrebbe fatto affidamento sul sostegno fiscale dei contribuenti tedeschi. I tribunali tedeschi, allora, chiesero alla Corte di giustizia europea con sede in Lussemburgo, se la politica monetaria era conforme al diritto dell’Unione europea e non incostituzionale per il diritto tedesco. In sostanza, la Bce faceva solo politica monetaria o anche economico-fiscale con salvataggi dalla porta di servizio? La corte europea nel 2018, in un testo denso ma spesso opaco, affermò che la Bce aveva agito solo nei limiti del suo mandato. Ma ora Karlsruhe, con quest’ultima sentenza, ha respinto e annullato la tesi del massimo tribunale europeo definendola “insostenibile dal punto di vista metodologico”.

La Corte tedesca ha comunque lasciato alle istituzioni europee tre mesi di tempo per una risposta e dimostrare che lo schema di acquisto di titoli pubblici e privati rispetta il principio di proporzionalità. In caso contrario, il governo tedesco non potendo vincolare gli acquisti della Bce che è soggetta al diritto dell’Ue, potrebbe vincolare quelli della Bundesbank, soggetta al diritto tedesco. Ma, ovviamente, senza la partecipazione della banca centrale tedesca, l’euro ipso facto andrebbe a fondo. In risposta a una sentenza che sembra una dichiarazione di guerra, la Corte di giustizia europea ha accusato i giudici di Karlsruhe di “compromettere l’unità dell’ordinamento giuridico dell’Ue e “pregiudicare la certezza del diritto “mentre il presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha addirittura ventilato la possibilità di una causa contro il governo tedesco non potendola intentare contro una corte costituzionale.

Ora le domande che si pongono sono: Chi, in Europa, ha l’ultima parola? Un tribunale nazionale può scavalcare il tribunale europeo? Se la sentenza Karlsruhe mira a dimostrare che i trattati dell’Ue non prevalgono sul diritto tedesco, ciò avrà conseguenze importanti. Se, infatti, altri tribunali seguiranno l’esempio tedesco, si rafforzerà la resistenza alle interferenze dell’Unione europea negli affari interni dei paesi membri mettendo in risalto che essa non è un governo federale ma una federazione di paesi sovrani, ciascuno con la propria costituzione e l’Unione può agire solo se non entra in contrasto con le loro costituzioni. Questo è dunque, secondo noi, il significato della sentenza, perché ciò che è in gioco, come sempre, è il controllo dell’euro e dell’Unione europea.

Resta da capire perché la Corte tedesca con tale sentenza shock abbia fomentato una crisi istituzionale proprio nel mezzo di un’emergenza sanitaria ed economica aprendo una nuova crepa nell’edificio sgangherato dell’euro. Ma questi sono tempi decisivi specialmente per paesi in caduta libera come la Spagna e l’Italia e Karlsruhe vuole evitare, che la carta di credito tedesca, finora implicitamente garante dell’euro e delle sue linee di credito, venga usata per il salvataggio di intere economie. La sentenza, pertanto, è anche un avvertimento per Christine Lagarde, la nuova presidente della Bce che ha zero anni di esperienza nel settore bancario ma ha una leadership indiscussa nell’ignorare leggi e nel fornire salvataggi che si risolvono in catastrofi (Benvenuti nel mondo di Christine del 6 novembre 2019). Cosa succederà adesso? Il tribunale tedesco, astutamente, ha dato l’opportunità di una riconciliazione affermando che se la Bce produce ragioni convincenti per le sue decisioni, potrebbe essere pronto a ritirare la sentenza. Le ragioni arriveranno, ma la vita non sarà più la stessa per la cooperazione europea, soprattutto per gli infiniti trasferimenti di denaro da nord a sud. L’euro potrà continuare solo fino a quando tutti ne tollereranno le conseguenze.


di Gerardo Coco