La ristrutturazione del debito, varco per la povertà irreversibile

Sono troppe e tante le incertezze che frenano la ripresa del lavoro in Italia. Incertezze a cui si sommano i vincoli europei ed internazionali che non permettono al Belpaese di correre a briglie sciolte. L’economia italiana subisce limiti europei alle proprie produzioni, ed anche le conseguenze di accordi internazionali che non permettono all’Italia di lasciare liberi i propri cittadini di lavorare con i ritmi, e le specialità, che hanno caratterizzato il “made in Italy” sino agli anni ‘80 del passato secolo. A queste limitazioni s’aggiunge la sempre più opprimente pressione debitoria (pubblica e privata) che pesa come un macigno sulle scelte dei singoli come del Paese.

A conti fatti l’Italia è prigioniera di tutte queste limitazioni, con meno condizionamenti sarebbe capace di sgravarsi da ogni debito, tornando ad essere concorrenziale (e non gradita) verso i partner europei. Questi ultimi sono gli stessi che hanno imposto i limiti produttivi, parimenti ricordano che l’Italia ha debiti. A questo quadro s’aggiunge che, l’Europa continentale è più colpita dell’Italia dal Covid-19 e, per scongiurare una corsa produttiva in avanti dell’Italia, qualora nel resto dell’Ue scattasse un nuovo lockdown, verrebbe comunque imposto all’Italia di bloccare (o contenere) la produttività, e per evitare che il Belpaese lavori e guadagni mentre Germania, Olanda e Danimarca vengono chiuse. Una ulteriore limitazione produttiva che verrebbe imposta dalla Commissione Ue in alternativa alla sospensione totale del Trattato di Schengen. In questo quadro, i paesi finanziariamente dominanti nell’area euro si rendono conto che l’Italia diventa sempre più un Paese culturalmente fuori controllo. Ovvero una nazione in cui la classe politica (per altro gradita a Bruxelles) non riesce a limitare lavoro, produzione e propensione al risparmio (tesaurizzazione) degli italiani.

Siffatta condizione rema anche contro le volontà degli organismi internazionali che gradirebbero l’Italia entrasse nel novero dei paesi ove sperimentare un percorso di “povertà sostenibile”: perché questo possa concretizzarsi più di venti milioni d’italiani dovrebbero accettare (forse rassegnarsi) all’inattività lavorativa. Non è un mistero che fondazioni ed istituti di ricerca abbiano dimostrato (secondo i loro calcoli) che il lockdown avrebbe agevolato il disinquinamento del pianeta; soprattutto si starebbe facendo largo lo slogan “lavorare inquina”. A cavalcare quest’ultimo aspetto è proprio il monopolista della moneta elettronica Bill Gates, che s’è proposto alla gestione informatica mondiale della “povertà sostenibile” attraverso la gestione cibernetico-bancaria del “reddito universale di cittadinanza”: un accordo sulla sostenibilità dell’inattività lavorativa che verrebbe siglato tra Usa, Cina ed Ue nel caso in cui Donald Trump perdesse le elezioni e Valdimir Putin venisse eliminato dagli assassini del Deep State (007 tedeschi e mercenari a servizio delle security delle multinazionali).

La domanda che si pone l’italiano medio è come possa un inattivo (un soggetto a regime di “povertà sostenibile”) pagare i debiti e riprendere a vivere. Di fatto il sistema finanziario sta scommettendo sulla vittoria del piano planetario d’inedia: una sorta d’inattività generica e generalizzata che permetterebbe una ulteriore concentrazione di beni in pochissime mani. Ecco che, per agevolare la decozione dei sistemi interni, l’Ue guarda alla “ristrutturazione dei debiti sovrani” dei Paesi più poveri della zona Ue. Di fatto il Covid ha accelerato i tempi per garantire la riforma dell’Eurozona, vincolando l’assistenza finanziaria del Mes (il Fondo salva Stati europeo) alla rigida ristrutturazione debitoria di paesi come l’Italia. In pratica, aiutare solo i Paesi giudicati sostenibili, il che significa ristrutturare i debiti d’una nazione prescindendo dall’importo del debito e dalla possibilità che i suoi cittadini siano liberi da vincoli su lavoro, produzione e capacità di generare ricchezza. La clausola ghigliottina scatta nel 2022 con le “limb collective action clauses”, ovvero le norme che dimezzano la possibilità per ogni stato Ue d’indebitarsi, obbligando parimenti i governi nazionali ad una più rigida gestione del lavoro e della ricchezza. Di fatto solo l’economia bloccata e la gestione sovranazionale della ricchezza italiana eliminerebbe per sempre le valutazioni peggiorative delle agenzie di rating: queste ultime remano perché l’economia italiana venga resa acefala, lobotomizzata.

Un parere condiviso anche da primari esponenti del Fondo monetario internazionale, gli stessi che si preoccupano quando il rapporto tra debito e Pil dell’Italia migliora. La ristrutturazione debitoria permetterebbe di costringere l’Italia in una sorta di limbo, un eterno “default controllato”. Il settanta per cento del debito pubblico italiano è in mano a cittadini che risiedono e lavorano nello Stivale. Ma, chi ci vorrebbe irreversibilmente in povertà, fa leva su quel trenta per cento in mano agli investitori esteri. In pratica, vorrebbero usare circa mille miliardi di debiti con la speculazione internazionale per giustificare l’impoverimento delle famiglie e la morte delle imprese italiane.

La ristrutturazione del debito italiano servirebbe anche come esperimento, utile a dimostrare come riportare la qualità della vita media italiana a fine anni ‘40: abbassando le aspettative della popolazione in campo economico e sociale, favorendo totale fuga dei capitali d’impresa, portando la domanda interna di beni alle stesse percentuali dell’Albania di metà anni ‘80. Una situazione che taciterebbe i mercati finanziari, perché non s’interesserebbero più dell’Italia: anzi tornerebbero ad interessarsene quando tutti i patrimoni italiani saranno transitati in mano a capitali tedeschi, olandesi, cinesi e multinazionali. Valga da esempio il parco termale di Ischia, oggi guidato da un gruppo finanziario tedesco: oltre a villeggiarci Angela Merkel, le Terme di Ischia hanno rating ottimo per i mercati perché in mano al colosso Volkswagen-Mercedes Benz. L’Italia è per buona per tedeschi e olandesi solo se si convince a recitare la parte della lingua morta, in pratica dovrebbe mummificarsi in uno stato di classicità, lasciando allo straniero la sua gestione politico-economica.

Aggiornato il 07 settembre 2020 alle ore 13:14