Legge di stabilità, ancora bloccati 20 miliardi del fondo infrastrutture

Non fa paura questa notizia quanto il silenzio di Confindustria, dell’Ance (Associazione nazionale costruttori edili) e del sindacato. In tutto questo anno chi ha letto i miei articoli su “Il Quotidiano del Sud” o sul mio sito “Stanze di Ercole” ha potuto verificare precise e documentate mie dichiarazioni sulla inesistenza di risorse finanziarie per gli investimenti in infrastrutture nell’anno 2020. Infatti, la legge di stabilità 2020, approvata entro il 31 dicembre 2019, aveva sì avallato un volano di risorse di 19,7 miliardi di euro spalmati in quindici anni e, secondo le dichiarazioni e gli annunci del Governo, anticipabili tramite mutui con la Banca europea degli investimenti o con la Cassa depositi e prestiti, ma in termini di concretezza, ripeto, non era e purtroppo non è disponibile nulla. Questi miei ripetuti convincimenti, queste mie sistematiche denunce sono state definite “puro terrorismo mediatico” e i vari ministri con portafoglio come ad esempio il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, il ministro dello Sviluppo economico, il ministro della Istruzione hanno, in più occasioni, assicurato la immediata disponibilità delle risorse. E, prima di tutti, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, aveva garantito che nei primi mesi del 2020 sarebbero partiti i cantieri perché supportati da una abbondante copertura finanziaria.

Devo essere sincero ma a me dà fastidio utilizzare la frase “l’avevo detto” e avrei voluto avere torto, avrei voluto cioè non leggere quanto invece ho letto il giorno 18 ottobre su “Il Sole 24 Ore”. A caratteri cubitali si precisava Fondo infrastrutture 2020: 20 miliardi fermi da dieci mesi. Ho subito letto l’articolo ed ho scoperto finalmente le reali motivazioni di questo, lasciatemelo dire, scorretto comportamento di chi è preposto alla gestione della cosa pubblica. Nell’articolo si precisa che “dopo dieci mesi le Amministrazioni centrali dello Stato (Ferrovie, Anas) non hanno neanche potuto iscrivere a bilancio le somme perché le risorse vanno attivate e ripartite con un decreto del presidente del Consiglio, dopo un iter faticosissimo che sembra fatto più per non spendere che per spendere ed investire rapidamente”. Ma leggendo ancora nell’articolo si precisano altri passaggi obbligati che preoccupano ulteriormente infatti “quando sarà concluso l’iter che porta al decreto del presidente del Consiglio dei ministri (Dpcm) saranno poi le singole amministrazioni beneficiarie ad assegnare le risorse con un decreto ministeriale e relativa registrazione alla Corte dei conti. Un secondo iter che richiederà qualche mese”.

Ma il redattore dell’articolo si è chiesto: ma cosa è successo finora? E ha subito trovato una triste risposta: “Per arrivare al varo dello schema di decreto del presidente del Consiglio, il ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiesto, nel suo ruolo di proponente del provvedimento, ai singoli ministeri quali fossero le esigenze e le proposte da candidare al fondo. Le richieste arrivate sono state superiori alle disponibilità e in molti casi non sufficientemente motivate”. Tutto questo, si precisa sempre nell’articolo de Il Sole 24 Ore, ha comportato una prima fase in cui le proposte sono state messe a punto meglio, nel rapporto tra ministero della Economia e delle Finanze e i singoli ministeri e una seconda fase in cui, sempre il ministero dell’Economia e delle Finanze, ha fatto una selezione rispetto alle cifre proposte e nel mese di luglio, lo ha inviato alle Camere che secondo la norma lo avrebbe dovuto restituire entro trenta giorni.

Sono passati due mesi e mezzo e ora si aspetta la firma del presidente Conte e dopo il provvedimento dovrà essere registrato dalla Corte dei conti. Ma leggendo ancora le varie assegnazioni contenute nel provvedimento alla firma del presidente si scopre che quelle più consistenti sono a ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (6.091 milioni di euro), al ministero dello Sviluppo economico (2.700 milioni), al ministero della Difesa (2.403 milioni), al ministero della Istruzione (2.300 milioni). Tuttavia, nel triennio 2020 2022 è erogabile soltanto 1.730 milioni (356 milioni nel 2020, 668 milioni nel 2021 e 774 milioni nel 2022).

Nel decreto del presidente del Consiglio dei ministri si precisa che “i programmi di spesa potranno essere realizzati utilizzando i contributi sulla base di criteri di economicità e di contenimento della spesa, anche attraverso operazioni finanziarie con oneri di ammortamento a carico del bilancio dello Stato con la Bei, con la Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa o con la Cassa depositi e prestiti; sarà però necessaria l’autorizzazione alle operazioni finanziarie e la compatibilità con gli obiettivi di finanza pubblica”.

Tutto questo è vero, tutto questo conferma le mie ripetute denunce sulla inconsistenza degli annunci prodotti a valle della approvazione della legge di stabilità 2021, tutto questo, purtroppo, annulla la credibilità del Governo nei confronti di chi aveva creduto nella reale disponibilità delle risorse; mi riferisco in particolare all’Ance, alla Confindustria ed al sindacato. Cioè ora sono vere tutte le mie preoccupazioni, ora è praticamente vero che abbiamo perso un anno, ora è vero che dei 20 miliardi disponibili sono solo 1.730 milioni.

Ho aspettato a scrivere queste mie considerazioni perché ero sicuro che lunedì 19 ottobre le reazioni dell’Ance, della Confindustria e, soprattutto, del sindacato sarebbero state virulente invece nulla e questo silenzio, questa atarassia fa davvero paura. Mi meraviglia, in particolare, il sindacato degli edili, mi meraviglia la Fillea Cgil, mi meraviglia l’assenza assoluta di Maurizio Landini, del Landini battagliero di una volta. È come se di colpo il comparto delle costruzioni avesse dimenticato i fallimenti di 120mila imprese, è come se il sindacato avesse dimenticato la perdita di 600mila unità lavorative.

La cosa grave è che quanto da me anticipato dieci mesi fa era facilmente intuibile, era praticamente scontato: bastava verificare le coperture necessarie per garantire i famosi “80 euro”, il famoso “reddito di cittadinanza”, il famoso “quota 100” e sarebbe emerso immediatamente che il 2020 doveva essere un anno sabbatico per gli investimenti in infrastrutture. È utile che il Governo sappia che la gente, il mondo operaio, specialmente quello del Mezzogiorno del Paese, tutto questo non lo accetta.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 23 ottobre 2020 alle ore 13:50