Mezzogiorno: interventi non a pioggia ma ad “uragano”

Ho aspettato per leggere le reazioni dei presidenti delle Regioni del Sud, in particolare di quei presidenti sempre, giustamente, pronti ed attenti al rispetto degli impegni del Governo nei confronti del Mezzogiorno, nel rispetto cioè di quelle percentuali più volte invocate e denunciate e poi o non mantenute o garantite in una logica quanto meno discutibile. In particolare, nella distribuzione delle risorse per il trasporto pubblico locale è vero che alle Regioni del Sud viene assicurata una percentuale del 50 per cento ma questa erogazione dimentica quanto e quale sia l’attuale offerta di servizi di trasporto pubblico nel Sud. Ma mi limito invece ad analizzare le risorse destinate alla portualità e, come si evince dalla tabella A, (tabella che fa parte integrante del decreto del ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili), la elencazione delle opere e l’assegnazione delle risorse testimonia una chiara distribuzione estranea da un tentativo di recupero e di rilancio sostanziale della offerta portuale del Sud.

Esaminando questo quadro di interventi, nasce spontanea la osservazione sulla impostazione frantumata di tali assegnazioni e su una vera e misurabile assenza di organicità e, indipendentemente da una obbligata e da più parti richiamata esigenza di “perequazione infrastrutturale”, appare evidente che quello che continuiamo a chiamare “Mezzogiorno” è presente solo come “percentuale obbligata”; è presente quasi per assolvere ad un impegno preso, per rispettare una promessa che si conclude solo con la enunciazione della dimensione finanziaria delle opere ma che non garantisce nessun riferimento concreto in termini di effettiva realizzabilità delle opere stesse.

D’altra parte esclusi gli interventi legati alla “Elettrificazione delle banchine (Cold ironing)” che rispondono a una logica capillare legata alle esigenze di ogni singolo impianto portuale, gli interventi legati sia allo “Sviluppo dell’accessibilità marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici”, sia quelli relativi all’ “Aumento selettivo della capacità portuale”, sia quelli legati all’ “Ultimo/Penultimo miglio ferroviario/stradale” trovano solo un’ipotesi di organicità in quattro proposte, tra l’altro sottostimate, e relative ai porti di Genova e Savona con una assegnazione globale di 545 milioni di euro (la stima reale supera il valore di 1,2 miliardi di euro), al porto di Ravenna con una assegnazione di 130 milioni di euro (la stima reale supera i 280 milioni di euro), ai porti di Napoli e Salerno con una assegnazione pari a 255 milioni di euro (la stima reale supera i 350 milioni di euro) e al porto di Trieste con una assegnazione di 180 milioni di euro (la esigenza reale supera i 330 milioni di euro); tengo a precisare che le assegnazioni sottostimate rispondono alla triste logica, “accontentiamo tutti tanto poi si vedrà”, logica non coerente ai vincoli del Pnrr, logica non coerente all’impegno del presidente Mario Draghi che, insediandosi, aveva precisato: “Assumeremo impegni che saremo in grado di mantenere”.

Già questa banale analisi sulla organicità e sulla reale difendibilità delle proposte ci porta a un triste riscontro: per gli impianti portuali del Centro-Nord trovano concreta assegnazione circa 855 milioni di euro e per il Sud solo 255 milioni di euro. Sicuramente i lettori di queste mie considerazioni mi diranno che ci sono le risorse anche per i porti di Marina di Carrara, di Civitavecchia, di Palermo, di Trapani, di Catania, di Taranto, di Brindisi, di Manfredonia, di Venezia e per la elettrificazione delle banchine ci sono risorse anche per i porti di La Spezia, Livorno, Piombino, Porto Ferraio, Cagliari, Olbia, Golfo Aranci, Porto Torres, Santa Teresa di Gallura, Portovesme, Trapani, Termini Imerese, Augusta, San Benedetto del Tronto, Manfredonia, Porto di Rovigo, Porto Nogaro, Siracusa, Gela.

Questo elenco parla da solo e, entrando nelle assegnazioni, alcune di soli 500.000 euro, ci convinciamo purtroppo di due comportamenti davvero preoccupanti:

– il rispetto della logica degli equilibrismi nella maggior parte dei casi utili solo per ottenere il consenso nel breve;

la assenza totale di impegno a cercare e a definire un misurabile processo di “perequazione infrastrutturale”.

Eppure un segnale poteva essere dato proprio con i decreti del ministro Enrico Giovannini, sarebbe stato sufficiente assegnare le risorse delle tre tipologie di intervento, oltre ai quattro porti prima detti, a soli tre porti del Mezzogiorno: Cagliari, Augusta e Taranto, a quelli che hanno vere possibilità per entrare nel teatro del transhipment del nuovo Mediterraneo; in tal modo avremmo garantito a questi tre impianti del Sud un concreto volano globale di circa 1 miliardo di euro capace di assicurare un primo tentativo di rilancio concreto della portualità meridionale.

Come dicevo all’inizio, dopo quattro giorni dalla pubblicazione dei decreti del Ministro Giovannini non ho letto nessuna reazione dei presidenti delle Regioni del Mezzogiorno, soprattutto di quelli che rappresentano realtà come la Sicilia, la Puglia e la Campania. In realtà, fanno parte di coloro che credono nelle “percentuali” e non nelle strategie mirate alla crescita; in fondo sono convinti che il fattore “tempo” risolverà tutto e che essere presenti in un elenco di assegnazioni di risorse è già un successo. Questa rimane, purtroppo, una delle peggiori patologie del nostro Mezzogiorno, una patologia che sarà difficile, per lo stesso presidente Draghi, annullare.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole

Aggiornato il 17 settembre 2021 alle ore 13:51