Svimez, al Sud 46 per cento licenziati dopo lo sblocco

Paghe basse e troppa flessibilità frenano la crescita al Sud. Dopo lo sblocco dei primi licenziamenti da fine giugno sono stati circa 10mila gli espulsi dal mercato del lavoro, di cui il 46 per cento concentrato al Centro-Sud. È quanto emerge dal Rapporto Svimez 2021 sull’economia e la società del Mezzogiorno. Nelle regioni meridionali si concentra il 15,3 per cento di dipendenti con bassa paga rispetto a 8,4 per cento in quelle centro settentrionali. Il mercato del lavoro al Centro-Sud si caratterizza per un’eccessiva flessibilità, con il ricorso al tempo determinato per quasi 920 mila lavoratori (22,3 per cento al Sud rispetto al 15,1 per cento al Centro-Nord) e al part time involontario (79,9 per cento al Sud contro 59,3 per cento al Centro-Nord). Si tratta secondo l’analisi di fattori freno per la crescita.

Per le giovani donne nel Mezzogiorno l’accesso al mercato del lavoro resta difficile: il tasso di occupazione delle 20-34enni laureate da 1 a 3 anni è il 44 per cento al Sud a fronte di valori superiori al 70 per cento nel Centro-Nord. Rispetto al secondo trimestre 2019, l’occupazione femminile nel Sud si è ridotta di circa 120mila unità nel 2021, (-5 per cento, contro -3,3 per cento del Centro-Nord). Svimez sostiene come buona parte dei divari di genere dell’Italia con l’Ue siano ascrivibili alla situazione delle regioni meridionali: sono quasi 900mila donne Neet nel Mezzogiorno (40 per cento, contro il 17 per cento della media europea). L’economia meridionale potrebbe avere una spinta decisiva se si spenderanno interamente i fondi destinati al Mezzogiorno (40 per cento) e se si riuscirà a trasformare la spesa per investimenti pubblici in nuova capacità produttiva in grado di intercettare una quota maggiore di domanda, interna ed estera.

“Il Sud può partecipare al nuovo percorso di rinascita e ripresa del paese se verrà investito da una trasformazione. È questa la strada per offrire un’accelerazione alla crescita, non solo del Sud ma dell’Italia”, afferma il direttore Svimez, Luca Bianchi. “Il nuovo sentiero – afferma – è un piano di investimenti che tenga insieme politica di sviluppo e politica di coesione. Per questo motivo l’impostazione del Pnrr può essere un elemento decisivo. La sfida sarà l’attuazione”. Nel 2020, complice la pandemia, sono oltre 2 milioni le famiglie italiane in povertà assoluta (un totale di più di 5,6 milioni di persone). Di queste, 775.000 nelle regioni meridionali per circa 2,3 milioni di persone. Le aree del Centro-Sud si confermano quelle con un’incidenza maggiore in termini di povertà assoluta (9,4 per cento fra le famiglie l’8,6 per cento nel 2019). La presenza di minori incide in misura significativa: nel Mezzogiorno il 13,2 per cento delle famiglie in cui è presente almeno un figlio minore sono povere, contro l’11,5 per cento della media nazionale.

 

Aggiornato il 01 dicembre 2021 alle ore 09:56