Il sistema estraneo alla logica del “confine”

giovedì 14 aprile 2022


Non è facile accettare questa dura realtà che in un solo giorno, con una folle decisione, ha distrutto anni di lavoro della Unione europea; anni tutti finalizzati proprio alla costruzione di un sistema capace di rivisitare integralmente il concetto di confine. Porto solo tre esempi che penso da soli testimonino questa chiara volontà a trasformare il territorio della Unione europea e quello ubicato al suo contorno in un tessuto connettivo capace di interagire funzionalmente, cecando sempre di costruire condizioni di crescita e di sviluppo. I tre esempi sono relativi a:

 

la proposta di un masterplan dei trasporti della Unione europea;

il Trattato di Schengen;

la definizione delle Reti Trans European Network.

In merito alla proposta di un masterplan della Unione europea va ricordato che una simile proposta fu avanzata dagli esperti che, nel 1984, erano impegnati alla redazione del Piano generale dei Trasporti italiano; la proposta fu condivisa dall’allora ministro dei Trasporti, Claudio Signorile, che nel 1985 la sottopose alla Commissione europea e nel 1986 fu approvata dal Parlamento europeo. Tale Piano conteneva come riferimento portante il Dna della Unione e cioè “dare vita alla libera circolazione delle persone e delle merci” e proponeva la definizione delle arterie portanti della Unione e dei nodi di interscambio, nonché una serie di finalità comuni come quelli legati al trasferimento su ferrovia di una quota rilevante della domanda trasportata su strada, alla identificazione di un sistema comune per il ridimensionamento della incidentalità, alla ricerca di indicatori chiave per concordare insieme il forte inquinamento prodotto dal trasporto, alla interazione funzionale tra i Paesi della Unione europea (nel 1985 solo dodici) e i Paesi ancora esterni alla Unione.

Questo documento agli inizi degli anni Novanta fu ripreso integralmente dal commissario Henning Christophersen che, nel 1994, ad Atene riuscì a far approvare dalla Unione europea il Piano paneuropeo che al suo interno conteneva i primi Corridoi comunitari. L’Italia era presente in tale Piano con due corridoi: l’asse ferroviario Verona-Monaco e l’asse ferroviario Trieste-Kiev. Dopo dieci anni di confronti e di dibattiti prendeva corpo il primo atto attraverso il quale si cercava in tutti i modi di costruire le arterie e i nodi portanti non solo della Unione europea, ma dell’intero assetto geo economico europeo.

Ma come detto prima un altro obiettivo chiave era quello legato alla libera circolazione delle persone e delle merci e, sempre nel 1985 a Schengen, in particolare il 14 giugno 1985, Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi decisero di eliminare progressivamente i controlli alle frontiere interne e di introdurre la libertà di circolazione per tutti i cittadini dei Paesi firmatari, di altri paesi dell’Unione europea (Ue) e di alcuni paesi terzi. Ma ci vollero ulteriori cinque anni per firmare, con un apposito accordo, la convenzione che completò l’accordo e definì le condizioni e le garanzie inerenti all’istituzione di uno spazio di libera circolazione. La convenzione fu firmata il 19 giugno 1990 dagli stessi cinque Paesi, ed entrò in vigore nel 1995. L’accordo e la convenzione, nonché gli accordi e le regole connessi, vennero inseriti nella legislazione della Unione europea solo nel 1999 e il Trattato di Lisbona istituì lo “spazio senza frontiere interne, in cui venne assicurata la libera circolazione delle persone” come uno degli obiettivi dell’Ue.

Questo grande risultato purtroppo ha incontrato dei momenti critici ancor prima della crisi Ucraina; infatti, l’aumento dei flussi migratori verso la Unione europea avvenuta negli anni 2015 e 2016 e i crescenti timori riguardo ad attività e attacchi terroristici, hanno avuto un impatto sul sistema Schengen, portando alla reintroduzione dei controlli alle frontiere da parte di diversi Stati membri. Nel corso del 2020, a causa del Coronavirus, diversi Stati hanno ripristinato anche i controlli alle frontiere interne, nel tentativo di arginare la diffusione del virus. Tuttavia, questo ritorno alla logica dei confini non aveva messo affatto in secondo piano il forte e convinto interesse degli Stati della Unione europea a cercare condizioni capaci di ripristinare le condizioni del Trattato di Schengen. Infatti, in una risoluzione approvata a luglio 2021, gli eurodeputati hanno sostenuto inoltre la creazione del nuovo Fondo per la gestione integrata delle frontiere assegnandogli 6,24 miliardi di euro. Il nuovo Fondo contribuirà anche all’armonizzazione della politica comune in materia di visti.

La terza esperienza comunitaria, quella legata alla definizione delle Reti Ten senza dubbio rappresenta il riferimento più forte e più incisivo di una volontà della Unione europea a 28 Stati (poi con la uscita dell’Inghilterra a 27 Stati) di dare vita alla attuazione di un sistema infrastrutturale comune capace di dare risposta alle esigenze di una domanda di mobilità che, a tutti gli effetti, diventava, anno dopo anno, il vero riferimento per la crescita. Come detto, prima i riferimenti di partenza erano già presenti nella proposta del masterplan formulata nel 1985, nel primo atto progettuale avanzato dal Commissario Christophersen nel 1994 e poi nella redazione del primo documento strategico del 2005 prodotto da un gruppo ad alto livello coordinato dal Commissario Karel Van Miert e nel suo aggiornamento approvato nel 2013. In queste due edizioni troviamo sempre un chiaro interesse non solo alle reti e ai nodi interni alla Unione europea, ma anche alle interazioni tra tali assi con l’intero sistema al contorno, cioè con i Paesi come la Russia, come il Nord Africa, come il Medio Oriente; addirittura la Commissaria Loyola de Palacio produsse nel 2005 un’apposita proposta di integrazione tra tutte le reti esterne all’impianto Ten-T. Anche in questo caso, il quadro di proposte supportato anche da un primo Fondo ha avuto una articolazione temporale di quasi trenta anni.

L’azione assurda della Russia, e volutamente non ho parlato solo del presidente Vladimir Putin perché è una operazione voluta dall’intero Paese, ha praticamente annullato questa visione e questa volontà dei Paesi della Unione europea a non essere estranei da un tentativo di interazione funzionale, soprattutto per quanto concerne la fluidità dei rapporti, la fluidità delle attività legate alla logistica, a non essere estranei a una logistica che, proprio in base alle evoluzioni informatiche, non accetta, o meglio, non accettava vincoli burocratici nei transiti. Non accettava più atteggiamenti restrittivi nell’attraversamento dei territori.

In fondo, è come se avessimo perso 30 anni; molti diranno che tutto tornerà come prima, dimenticando che questa guerra ci ha fatto scoprire una presenza nel mosaico Europa di una tessera che non può in nessun modo garantire relazioni corrette, non può più essere credibile.

(*) Tratto dalle Stanze di Ercole


di Ercole Incalza (*)