Una nuova moneta globale?

Al recente Business Forum Brics, l’incontro fra i vertici del Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, il presidente russo Vladimir Putin ha affermato che i membri del blocco stanno cooperando per creare una valuta di riserva internazionale basata sulle loro valute locali e in funzione anti-dollaro. Chiariamo subito che pensare di pianificare un nuovo sistema monetario parallelo, per giunta concorrente al dollaro è una pia illusione (dice nulla l’euro?). Nella Storia la comparsa di monete globali origina sempre da economie dominanti. Lo fu quella di Atene con i tetradrammi d’argento, la prima valuta mondiale riconosciuta dell’antichità. Lo fu Roma con l’aureo d’oro. Uscendo dal Medioevo, la prima moneta a raggiungere un’accettazione universale fu il fiorino d’oro di Firenze, reso possibile dall’ascesa dell’attività bancaria italiana e dei Medici. Nell’era parlamentare, la sterlina fu emessa dall’allora potenza britannica. E, ai nostri giorni, il dollaro è stato il frutto dell’egemonia economica americana. Le valute globali non si pianificano, sono opera di madre natura economica.

Già da parecchi anni si continua a parlare di de-dollarizzazione mondiale e la causa sarebbe l’eccesso di emissioni della principale valuta di riserva da parte della banca centrale statunitense. Ed è su questa falsa narrativa di deprezzamento che si sono bruciati risparmi investendo in risorse crittografiche o in valute alternative. Già fin dal 2015, su queste colonne e a più riprese, abbiamo avvertito che il dollaro si sarebbe invece rivalutato mettendo in difficoltà l’Europa e i Paesi emergenti, come di fatto è avvenuto e si sta ancora verificando. Il dollaro sarà l’ultima valuta a cadere ma dopo aver raggiunto vette stellari. Tutte le previsioni errate fino a oggi da parte dei media sono frutto dell’ignoranza sul suo funzionamento.

Quando si parla della principale valuta di riserva cercando di prevederne i movimenti, ci si concentra sul mercato interno statunitense credendo ancora che i dollari in esistenza siano emessi dalla banca centrale americana, la Federal Reserve. La realtà misconosciuta è che la maggior parte dell’attività monetaria in dollari irradia al di fuori degli Usa dove circolano gli euro-dollari che sono i dollari statunitensi depositati in banche al di fuori degli Stati Uniti. Il prefisso “euro” non ha nulla a che fare con la moneta unica europea ma origina dal fatto che i dollari in deposito al di fuori degli Stati Uniti hanno trovato la loro strada prima in Europa e poi in altri Paesi, diventando dollari offshore. Pertanto, ci sono anche euroyen, che significa yen fuori dal Giappone e anche euro-euro gli euri, depositati al di fuori dell’eurozona. Gli eurodollari non rappresentano valuta cartacea ma registrazioni su un sistema di contabilità condivisa da una rete interbancaria.

Lo sviluppo dell’eurodollaro è assai complesso e risale agli inizi della guerra fredda quando l’Unione Sovietica trasferì i suoi depositi in dollari dalle banche statunitensi a quelle europee per prevenire confische da parte delle amministrazioni statunitensi. Iniziò così la moltiplicazione monetaria della valuta di riserva in parallelo a quella del sistema interno statunitense. Esemplificando: uno sceicco del petrolio che nel 1960 deteneva dollari depositati presso una banca di New York City poteva trasferirli a Londra dove percepiva un interesse superiore. La banca londinese, sulla base di questo nuovo deposito, poteva effettuare prestiti magari a una società russa e poi questa poteva negoziare con una società cinese e così via, innescando l’espansione dei dollari in Paesi stranieri. I cosiddetti petrodollari che sembravano un nuovo sistema valutario organizzato attorno al petrolio, non erano altro che eurodollari, dollari offshore fioriti all’inizio degli anni Sessanta.

Quindi, essenzialmente, dopo questo periodo, si formava un enorme sistema monetario che sfruttando vuoti normativi assumeva il ruolo di valuta di riserva globale espandendosi al di fuori della giurisdizione degli Stati Uniti e al di fuori della portata dei governi, delle autorità di regolamentazione nazionali e di quelle delle banche centrali. Ma proprio grazie a questa espansione offshore il dollaro è stato in grado di rispondere in modo flessibile e dinamico a nuove pressioni commerciali indipendentemente da fattori politici. In un certo senso, è l’unico denaro che opera libero da influenze e discrezionalità governative. È il burattinaio generale dei mercati valutari ma la gente è ancora convinta che il burattinaio sia la banca centrale americana. Il mercato dell’eurodollaro, oggi addirittura più vasto di quello del dollaro domestico, costituisce uno dei motori più influenti dei mercati finanziari.

È anche la causa fondamentale per cui tutte le politiche monetarie sono storicamente risultate inefficaci: le banche centrali sono impossibilitate a quantificarne l’offerta e la domanda. Per questo motivo l’eurodollaro è stato definito come sistema “ombra”: una forma monetaria del dollaro che non compare né nelle statistiche né nelle discussioni normative. Ma senza di esso non ci sarebbe stata la globalizzazione economica. Questa è una delle ragioni per cui il mercato globale del dollaro Usa (mercato interno + eurodollaro) è cresciuto fino a diventare una forza mondiale dominante rispondendo a interessi fondamentalmente commerciali piuttosto che politici.

I Paesi Brics, rappresentano un mercato di oltre tre miliardi di persone che continua a svalutare e rimescolare le proprie valute. Una valuta in comune fra di loro, non durerebbe lo spazio di un mattino. Il collasso di un solo paese creerebbe un effetto domino come è avvenuto per l’euro. Il motivo dell’esplosione negli ultimi vent’anni, del debito in dollari nelle economie emergenti è che gli investitori non accettano il rischio delle valute locali sapendo che, molti di questi Paesi effettuano enormi svalutazioni danneggiando gli obbligazionisti. Per ottenere nuovi dollari necessari a ripagare il debito, i Brics devono esportare merci in cambio, appunto, di dollari.

Il Brasile, pertanto, commerciando con l’Indonesia non accetterà le sue rupie, come l’Indonesia non accetterà i real dal Brasile o euro dall’Europa, ma solo dollari che i Paesi con cui tratta dovranno a loro volta procurarsi se vogliono la sua merce. Ecco dunque il compito della valuta globale: funzionare da mezzo di scambio universale consentendo a vari sistemi monetari e commerciali diversi, di tradursi l’uno nell’altro connettendoli tra loro in modo che commerci e flussi finanziari, avvengano nel modo più efficiente possibile. Tuttavia se tutto ciò funziona in un’economia in crescita, non funziona in un’economia in decrescita, quando esportare diventa critico e i Brics, costretti a procurarsi i dollari mancanti nel Forex, devono svalutare e vendere quantità sempre maggiori delle loro valute per acquistare dollari in continuo rialzo.

È questo processo di aumento progressivo del costo della loro esposizione debitoria nella valuta di riserva, acuito dall’instabilità geopolitica che porta a default seriali. Lo Sri Lanka, ad es. è a rischio di inadempienza per cinquecento miliardi di dollari e ci sono altri settanta Paesi nelle stesse condizioni. Per quanto paradossale possa sembrare, la crisi globale è dovuta a scarsità di dollari, non ad abbondanza.

Altrimenti non si capirebbe perché continua ad apprezzarsi. C’è più distruzione di dollari attraverso insolvenze che creazione di dollari attraverso prestiti. In altre parole, le richieste di dollari (debito) crescono molto più rapidamente della capacità dell’economia di generare dollari. L’inevitabile panico valutario mondiale che tra qualche tempo si verificherà, concentrando la maggior parte dei capitali sul dollaro, lo porterà a un’altezza tale da causare insolvenze sovrane e incenerire il sistema valutario e finanziario.

Negli ultimi cento anni, il sistema monetario internazionale è collassato tre volte: nel 1914, nel 1939 e nel 1971. Sembra che ci sarà un altro importante suo rimpasto ma non è qualcosa che i Paesi potranno decretare a tavolino. Tutto sarà deciso dalla mano invisibile che è al di là del loro controllo. Quello su cui si può speculare è sulla nuova potenza dominante che prenderà il posto degli Stati Uniti. Ma questo non riguarda ancora la cronaca dei nostri giorni.

Aggiornato il 28 giugno 2022 alle ore 11:30