L’origine del capitalismo confuta l’etica protestante di Max Weber

Il sociologo tedesco Max Weber (1864 – 1920) fu l’autore di una tesi storica secondo la quale il sistema capitalistico ebbe la sua origine nelle nazioni protestanti.

La sua celebre opera “Etica Protestante e Spirito del Capitalismo” (1905) fu redatta basandosi su un procedimento metodologico alquanto discutibile.

Lo storico italiano Oscar Nuccio (scomparso nel 2004), che fu docente e titolare della cattedra di “Storia del Pensiero Economico” presso il dipartimento storico della facoltà di Scienze Politiche dell’Università “Sapienza” di Roma, scrisse un illuminante saggio storico, intitolato “Addio all’Etica Protestante”, in cui dimostra con documenti e prove storiografiche che il Capitalismo nacque in Italia e più precisamente nell’Italia centrosettentrionale, nel periodo dei comuni medievali, confutando in tal modo quanto affermato dal sociologo Max Weber nella sua famosa opera.

Il professor Oscar Nuccio, nelle sue ricerche storiche partì dall’analisi di ciò che sosteneva un allievo di Weber, ossia Martin Offenbach, nella sua opera “La posizione economica dei Cattolici e dei Protestanti nel Granducato di Baden”.

Nel succitato Granducato, che all’epoca faceva parte dell’Impero germanico, era presente un’alta percentuale di protestanti, composti da borghesi residenti nei centri urbani, in una regione prevalentemente agricola e abitata in maggioranza da contadini di religione cattolica.

Dagli studi effettuati da Offenbach si evince che la scolarizzazione era maggiormente presente presso i protestanti rispetto ai cattolici.

Questa tesi pecca di condizionamenti ideologici, in quanto Offenbach era ossessionato dal timore che nelle province prussiane ci fosse una progressiva “polonizzazione” del proletariato agricolo, visto che i proprietari terrieri tedeschi impiegavano un rilevante numero di polacchi per la manodopera.

La presentazione accademica di questo studio del 1893 era palesemente un atto di accusa nei riguardi dei signorotti prussiani, i quali reclutavano manodopera polacca, perché più economica, che per Offenbach rappresentava una degenerazione culturale della nazione.

In sostanza, Max Weber era accecato da un esasperato nazionalismo e dalla preoccupazione che la Germania potesse scadere in una progressiva decadenza.

A conferma del fatto che il processo di capitalizzazione sorse nell’Italia del periodo medievale, ci sono le tesi di svariati illustri storici economici, come ad esempio il celebre studioso francese Fernand Braudel, che, in modo chiaro e senza alcun dubbio, scrisse che il capitalismo si generò dal mondo cattolico e non da quello protestante, arrivando al punto di affermare che furono i protestanti tedeschi e quelli olandesi ad emulare il mondo mediterraneo.

Secondo quanto sostiene Braudel, i cattolici furono più duttili e ricchi di fantasia e Max Weber nei suoi studi artefatti ha creato un pregiudizio e uno schema mentale che è finalmente confutato dalle ricerche storiche e storiografiche più approfondite e documentate.

Braudel dichiarava che i Paesi del Nord non hanno fatto altro che occupare il posto che per lungo tempo era appartenuto ai vecchi centri capitalistici del Mediterraneo,

Invero, essi non hanno inventato nulla, né nella tecnica, né nella conduzione degli affari.

Amsterdam, secondo lo storico francese, aveva ricalcato i modelli di Venezia, come la stessa Londra avrebbe poi copiato a sua volta quelli di Amsterdam.

Tornando allo studio compiuto dal professor Nuccio, si evince quanto egli abbia inteso collocare una pietra tombale sulla tesi secondo la quale il capitalismo sia nato grazie alla Riforma protestante.

Il professore confuta la visione di Weber e di coloro che sostengono la sua tesi storica, dimostrando che essi passano dalla Scolastica medievale alla Riforma protestante, saltando in modo sorprendente il decisivo pensiero umanistico, fase storica fondamentale per comprendere veramente la nascita del capitalismo.

Dagli studi di Nuccio si evince che la cultura laico-umanistica inizia con l’esaltazione della razionalità dell’azione umana condotta da Albertano da Brescia e abbraccia un’ampia area di idee e di pensatori vissuti nella prima metà del primo millennio, per arrivare al primo “codice di comportamento” negli affari di Leon Battista Alberti.

Nuccio, contestando a Weber il fatto di aver evaso dai suoi studi e dalle sue ricerche il periodo storico umanistico e che per questo egli non seppe cogliere l’incapacità di Calvino ad aprirsi al vento dei tempi in modo completo, rimanendo ancorato ai residui vetusti ed inconciliabili con il materiale umanistico, dimostra che ogni idea e ogni precetto riguardante gli affari che gran parte degli storici attribuiscono alle istituzioni e ai dettati del protestantesimo, si riscontra negli sviluppi dell’umanesimo italiano e nel plurisecolare scontro condotto dai mercatores italiani contro gli angusti precetti pauperistici e quindi anticapitalisti della dottrina cattolica e romana nella sua declinazione tanto anacronistica e insensata quanto arretrata.

In finale, Oscar Nuccio, sebbene dimostri che Calvino non sia stato l’artefice del capitalismo, non intende demolire il ruolo storico della Riforma protestante nello sviluppo del capitalismo moderno, ma intende confutare l’interpretazione data da Max Weber e dai post-weberiani, ossia quella equazione anti storica “etica protestante-spirito del capitalismo”.

I posteri e gli attuali storici, nonché gli studenti, dovrebbero essere alquanto riconoscenti al professore, per la sua eccelsa opera di speculazione storica che ha contribuito a svelare i falsi e i luoghi comuni storici che rispondono più a motivazioni ideologiche che a metodologie storiche.

Solo per questi motivi finora esposti, Oscar Nuccio avrebbe meritato il premio Nobel per l’economia se la sua opera non fosse stata, e ahimè continua ad essere, boicottata a causa della grettezza di molti storici suoi connazionali.

Aggiornato il 15 dicembre 2022 alle ore 12:05