Buone notizie per il governo

Il calo del prezzo del gas naturale non è da ricondurre al cosiddetto “price cap” concordato in Europa. Accordo di facciata che è servito più alla comunicazione politica che a effetti concreti. La riduzione delle quotazioni dei costi delle materie prime in generale e delle fonti fossili in particolare è da ricondurre al combinato disposto di: una politica monetaria fortemente restrittiva della Federal Reserve seguita pedissequamente dalla Bce, un inverno fino a ora relativamente mite e dalle aspettative di recessione negli Stati Uniti e in Europa. I primi segnali di un affaticamento dell’economia si sono registrati nel quarto trimestre in Germania il cui Pil è calato dello 0,2 per cento. Crescita negativa della locomotiva d’Europa ampiamente prevista a causa della guerra in Ucraina. La Germania è senza dubbio tra le economie più penalizzate insieme all’Italia dalla guerra in Ucraina. Nazioni queste che rappresentano rispettivamente la prima e la seconda manifattura d’Europa e con industrie fortemente energivore. Entrambi Paesi votati alla trasformazione di materie prime e all’esportazione di prodotti finiti. Nazioni che erano fortemente dipendenti dalle importazioni di gas russo.

È probabile che i primi effetti del rallentamento dell’economia si avranno prima con il raffreddamento della agflazione (crescita dei prezzi delle derrate agricole) e nella riduzione dell’inflazione generata, in Europa, prevalentemente dal rincaro dell’energia prodotta con petrolio e gas naturale. La recessione, a mio parere pilotata dalla Fed, ha avuto come effetto diretto la contrazione dei consumi e degli investimenti e in conseguenza si è necessariamente ridotta la domanda di energia e quindi prima si stabilizzano i prezzi e dopo gli stessi si riallineano a valori compatibili con un mercato in crisi da domanda. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti prevede un taglio delle bollette da febbraio prossimo del 40 per cento mentre Nomisma Energia quantifica la riduzione del costo delle utenze domestiche del gas del 33 per cento. È senza dubbio una boccata di ossigeno per le imprese e per le famiglie che vedranno ridimensionare il peso del costo del riscaldamento e una riduzione delle spese di produzione. La riduzione dei prezzi dell’energia avrà effetti benefici sull’inflazione “importata”.

Abbiamo, da questo quotidiano, più volte affermato che l’inflazione in Europa e in Italia era generata da una situazione decisamente diversa da quella statunitense. In Europa e in Italia la componente che maggiormente ha inciso sulla crescita dei prezzi e sull’inflazione è stata l’esplosione dei costi delle materie prime e dell’energia. L’inflazione Usa era invece generata da eccesso di domanda e da un’economia surriscaldata che ha determinato la quasi piena occupazione e quindi la crescita dei salari degli americani. Le aspettative a breve sono: prezzi dell’energia e delle materie in lenta ma costante diminuzione. L’inflazione, importata, comincerebbe a mordere meno il problema della perdita di potere di acquisto dei salari. La Fed americana probabilmente inizierebbe ad attenuare la sua politica fortemente restrittiva sui tassi di interesse, manovra di politica monetaria che probabilmente seguirebbe anche la Bce, banca centrale nel mirino della critica per una politica monetaria non compatibile con la reale situazione economica nell’area dell’euro. Condizioni oggettive che permetterebbero una uscita rapida dalla incombente recessione.

Aggiornato il 31 gennaio 2023 alle ore 10:08