Istat, Pil e la fotografia oltre le stime del Governo

Nel quarto trimestre del 2022 il Pil italiano, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, è sceso dello 0,1 per cento rispetto al trimestre precedente ed è aumentato dell’1,7 per cento in termini tendenziali. Questa è la fotografia scattata dall’Istat: la stima ha rappresentato un’inversione di tendenza rispetto al +0,5 per cento congiunturale segnalato nel terzo trimestre e a sette trimestri consecutivi di crescita.

Nel 2022, poi, il Pil del Paese – corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato – è salito del 3,9 per cento in confronto al 2021. Un dato, quello dell’Istituto nazionale di statistica, che è emerso in base alle stime preliminari, con la specifica che nel 2022 ci sono state tre giornate lavorative in meno rispetto al 2021. A conti fatti, è una proiezione superiore alle stime del Governo contenute nella Nadef (Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza), che puntualizzavano per lo scorso anno una crescita del Pil del 3,7 per cento. A onor del vero, l’Istat ha rivelato che risultati dei conti nazionali annuali per il 2022 saranno resi noti il primo marzo. Invece, quelli trimestrali coerenti con i nuovi dati annuali saranno diffusi il 3 marzo.

La variazione congiunturale del trimestre, ha ribadito l’Istat, è stata rappresentata dalla sintesi di una diminuzione del valore aggiunto sia nel comparto dell’agricoltura, silvicoltura e pesca, sia in quello dell’industria. Allo stesso tempo, una crescita è balzata agli occhi nell’ambito dei servizi. Sul fronte della domanda, è stato tangibile il contributo negativo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e quello positivo della componente estera netta. Così, la crescita acquisita per il 2023, ovvero quella che – sulla spinta del 2022 – potrebbe venir fuori se tutti i trimestri di quest’anno dovessero registrare una variazione nulla del Pil, è dello 0,4 per cento.

Non sono mancate le reazioni a seguito dell’analisi dell’Istat. Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori, ha mostrato come il dato sul Pil nel quarto trimestre del 2022 sia “negativo, per quanto atteso. Che si profilasse lo spettro della recessione era evidente, dopo il calo della produzione industriale di novembre. Il problema è se il Governo sia in grado di invertire subito la rotta. Purtroppo – ha proseguito – temiamo che la manovra, troppo prudente e poco incisiva, non possa dare quella spinta alla crescita che servirebbe al Paese. Ogni intervento era misurato con il bilancino e non in grado di risollevare le sorti né delle industrie, né dei lavoratori né delle famiglie. Così non si esce da questa stagflazione”.

Confesercenti, da par sua, ha commentato: “Una tenuta migliore delle attese ma che non ci impedisce di entrare nel 2023 a velocità ridotta. Fino al terzo trimestre del 2022, l’economia è andata meglio delle attese, posizionando l’Italia su ritmi superiori agli altri principali Paesi europei. L’andamento dei consumi, in particolare, è stato positivo nel 2022, portando a un pieno recupero dei livelli di spesa pre-pandemia. Questo – è stato notato – contrasta con la perdita di potere d’acquisto dei redditi familiari: la crescita dei consumi, quindi, è dovuta a una diminuzione del tasso di risparmio, sceso al di sotto dei livelli pre-pandemia”.

La risposta allo shock inflazionistico, ha sottolineato Confesercenti, “è stata differenziata per le diverse tipologie di famiglie”. In pratica, se quelle “ad alto reddito hanno potuto contare sui maggiori risparmi accumulati nei mesi della pandemia, le famiglie meno abbienti, secondo le nostre stime, vedono ormai quasi la metà del proprio budget impegnata nelle spese per l’abitazione e le bollette. Adesso che i prezzi dei beni energetici iniziano a rallentare, è dunque necessario valutare di riorientare le risorse disponibili a sostegno dei redditi disponibili e dei consumi, che rischiano di subire, nel 2023, un forte rallentamento, come dimostra la contrazione dei volumi venduti già negli ultimi mesi dello scorso anno. Il taglio del cuneo previsto dalla manovra – è stata la conclusione – è un piccolo passo, ma serve di più. La strada giusta sarebbe la detassazione degli aumenti retributivi stabiliti dai Ccnl: un intervento che aiuterebbe la ripartenza della contrattazione e dei salari, permettendo alle famiglie di recuperare almeno in parte il potere d’acquisto perduto”.

Aggiornato il 31 gennaio 2023 alle ore 14:41