Asset strategici

Nelle economie di mercato i fattori produttivi sono prevalentemente in mano ai privati. Lo Stato, attraverso le Autorità antitrust, si limita a fissare le regole funzionali ad evitare che un singolo produttore assuma una posizione dominante sul mercato e quindi essere in grado di influenzare a suo vantaggio il prezzo in danno dei consumatori. I monopoli sono gestiti direttamente dallo Stato e le imprese che operano in un regime di oligopolio sono oggetto di monitoraggio e attenzione dall’Autorità antitrust e dalle associazioni di consumatori. Anche i Paesi più liberisti al mondo controllano direttamente (proprietà) o indirettamente (Golden share) i settori considerati strategici quali: l’energetico, le telecomunicazioni, il nucleare e il suo eventuale impiego nel settore della produzione di armi di distruzione di massa. Sono questi gli asset strategici dei quali uno Stato non si può privare in quanto indispensabili per l’interesse pubblico in generale e per la sicurezza dello Stato in particolare.

Il turismo per l’Italia è un comparto strategico? Un settore economico che produce il 13 per cento del Pil e milioni di occupati è senza ombra di dubbio un asset strategico! L’Italia è la nazione che detiene oltre il 50 per cento del patrimonio, artistico, culturale e archeologico del mondo. La nazione dei cento campanili gode di una varietà di bellezze che rende il nostro Paese attrattivo turisticamente per tutto l’anno. Lo sfruttamento ai fini turistici del “bello” e dell’Italian style potrebbe ulteriormente incrementare la ricchezza nazionale prodotta dalla filiera turistica. Il settore turistico occupa oltre il 12 per cento della forza lavoro attiva. Numeri che potrebbero essere ulteriormente incrementati se si sfruttassero le immense risorse uniche del nostro Paese. Uno dei brand che dal dopoguerra ha contribuito a far crescere i flussi turistici dal resto del mondo verso il Belpaese è stata l’Alitalia.

Compagnia di bandiera che per una dissennata gestione è più volte andata in dissesto economico e finanziario. I salvataggi che sono intervenuti negli anni sono costati al contribuente pubblico oltre 10 miliardi di euro. Le colpe sono equamente distribuite tra un management non all’altezza, ma anche di sindacati confederali e autonomi che nei momenti critici della società non hanno saputo gestire una crisi che ha portato al fallimento la compagnia di bandiera. I politici di centrodestra hanno sempre dimostrato una maggiore sensibilità rispetto al salvataggio della compagnia. L’Alitalia rappresentava un elevato standard di qualità del servizio, di sicurezza dei voli e dell’Italian style. L’asset turismo, in senso lato, ha l’indispensabile esigenza di infrastrutture immateriali e materiali. Il trasporto aereo è un asset fondamentale. Parrebbe che la Lufthansa stia per acquistare una quota significativa di Ita Airways, la società pubblica erede del brand Alitalia. È evidente che progressivamente la compagnia tedesca fagociterà integralmente quello che è rimasto della nostra gloriosa compagnia di bandiera. L’Unione europea per contrastare gli Stati Uniti sulla politica di Joe Biden di sostenere l’industria green americana sta ripensando la sua avversione al divieto di aiuti di Stato alle imprese. Perché l’Italia dovrebbe rinunciare ad un settore strategico e funzionale ad una delle principali industrie italiane? I tedeschi e i francesi non si creerebbero problemi per sostenere i loro interessi strategici!

Aggiornato il 07 febbraio 2023 alle ore 10:56