Il destino delle auto diesel e benzina dopo lo stop europeo

Il blocco della produzione e vendita, a partire dal 2035, di auto e veicoli alimentati a diesel e benzina orami è definitivo. Questo è l’esito della votazione espressa dalla plenaria del Parlamento europeo che con 340 voti a favore, 279 contrari e 21 astensioni porta avanti gli obiettivi del pacchetto “Fit for  55” per il dimezzamento delle emissioni inquinanti nel territorio europeo.

E sebbene ancora manchi il voto formale del Consiglio dell’Unione europea, prima della sua pubblicazione in gazzetta ufficiale, la decisione presa a maggioranza costringe a sostituire i veicoli a motore benzina e diesel con le alternative a zero emissioni, come le auto elettriche. Ma non solo entro il 2025 la Commissione europea dovrà presentare una relazione sui mezzi finanziari e sugli strumenti politici necessari per consentire la transizione ai veicoli elettrici, come ad esempio incentivi per i consumatori e aiuti statali per i produttori.

Ma quali sono le conseguenze pratiche di tale scelta green?

I rischi di disoccupazione nella filiera dell’auto sono certi. Lo stesso commissario europeo all’Industria Thierry Breton ha spiegato in un’intervista di novembre che il passaggio alle auto elettriche è destinato a comportare la “distruzione di centinaia di migliaia di posti di lavoro lungo tutta la filiera” senza che possa essere garantita una totale ricollocazione delle risorse a causa della semplicità nel processo produttivo delle auto elettriche.

Forti critiche sono, infatti, giunte dai costruttori dell’Automotive, che obbligati mutare la propria filiera nei prossimi dodici anni, si mostrano preoccupati per gli impatti che la rigidità della norma avrà su di un mercato già profondamente in crisi.

Ma non solo il commercio di vetture elettriche necessita di un considerevole sforzo per la produzione di tutte quelle misure indispensabili, come ad esempio l’adeguamento della rete di colonnine di ricarica, per rendere effettivamente possibile l’utilizzo plurimo di auto elettriche.

Nel frattempo, le vecchie auto diesel e benzina sono chiamate ad un triste destino. Subiranno un’importante svalutazione del prezzo in proiezione del 2035, registreranno un aumento dei costi di manutenzione ed incontreranno progressive difficoltà di vendita.

Deroghe sono previste per i piccoli produttori. In particolare, i costruttori che producono da 1000 a

10mila auto nuove o da 1000 a 22mila furgoni nuovi possono beneficiare di una deroga fino alla fine del 2035, mentre per coloro che immatricolano meno di 1000 veicoli nuovi all’anno (il cosiddetto mercato di lusso) potranno continuare a produrre auto anche oltre la scadenza temporale. Così come mantenuta la possibilità di continuare a produrre vetture con motore termico o ibrido, purché appunto ad emissioni zero.

Il testo, ad ogni modo, prevede una clausola di revisione che consente alla Commissione nel 2026 di riesaminare l’efficacia e l’impatto della decisione assunta, nonché di rivedere gli obiettivi di emissione; ma nell’attesa al consumatore medio non resta che riflettere su che tipo di auto acquistare.

Dal Governo Meloni piovono critiche. Dopo l’affondo di ieri del ministro Matteo Salvini – che aveva parlato di decisione folle e sconcertante – il ministro dell’Industria e Made in Italy Adolfo Urso dice che l’Italia è in ritardo sulla transizione nel comparto auto e si deve accelerare, ma tempi e modi imposti dall’Europa “non coincidono con la realtà”. E che non si può affrontare la realtà “con una visione ideologica e faziosa”. Il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani definisce “errore grave” la decisione: “Gli obiettivi ambiziosi vanno raggiunti sul serio, non solo sulla carta”. E poi annuncia una proposta italiana, limitare la riduzione al 90 per cento, dando la possibilità alle industrie di adeguarsi.

Aggiornato il 15 febbraio 2023 alle ore 13:29